Susanna Helke
Nata nel 1967 in Finlandia. I suoi film sono lirici specchi del trascendente che si trova nella vita quotidiana della gente comune, e si muovono sui confini tra realtà e finzione, tra cinema di osservazione e documentario di ricostruzione. Ha diretto, insieme a Virpi Suutari, i documentari THE SIN (SYNTI - DOKUMENTTI JOKAPÄIVÄISISTÄ RIKOKSISTA, 1996), WHITE SKY (VALKOINEN TAIVAS, 1998), SOUPDEALER’S SUNDAY (SAIPPUAKAUPPIAAN SUNNUNTAI, 1999), THE IDLE ONES (JOUTILAAT, 2001, candidato agli European Film Award 2001 come miglior documentario), ALONG THE ROAD LITTLE CHILD (PITKIN TIETÄ PIENI LAPSI, 2005). Da sola, ha diretto il cortometraggio documentario PLAYGROUND (LEIKKIPUISTO, 2006), e AMERICAN VAGABOND.
Dichiarazioni della regista
“Quando sono stata per la prima volta a San Francisco, qualcuno mi ha detto che c’erano dei rifugi destinati soprattutto a giovani lesbiche, gay, bisessuali e transgender che vivono per strada. Questa notizia mi ha sconvolta. Perché, nella Eldorado americana della comunità gay, i giovani omosessuali dovevano vivere all’interno di rifugi?”.
“Un sondaggio condotto dalla Gay and Lesbian Task Force e dalla National Coalition for Homelessness, pubblicato nel 2007, ha rivelato una sorta di epidemia di senzatetto tra i giovani omosessuali negli Stati Uniti. Dal venti al quaranta per cento dei giovani senza fissa dimora che vivono nelle grandi città appartengono a minoranze sessuali. L’omofobia di familiari o di genitori adottivi è il motivo principale per cui questi giovani decidono di andare via da casa. Gli adolescenti fanno ‘coming out’ in giovane età, ma molti di loro finiscono per scontrarsi con le proprie famiglie. E allora scappano nelle grandi città per cercare il sostegno della comunità gay”.
“La vera, principale lotta, americana e globale, per i diritti civili del 21° secolo è la lotta per i diritti delle minoranze sessuali. La cosiddetta ‘guerra per il matrimonio’ ha ripoliticizzato non solo il movimento gay, ma anche l’intera questione dell’omosessualità. Il ghiaccio si sta rapidamente sciogliendo, da quando uno stato dopo l’altro sta legalizzando il matrimonio tra persone dello stesso sesso, anche se, ogni volta che si verifica un cambiamento, c’è sempre un risvolto negativo, un passo indietro”.
“I giovani omosessuali senzatetto non partecipano ai cortei per i matrimoni gay, e non si battono per i loro diritti sociali. Non hanno società. Sono stati abbandonati due volte. Hanno abbandonato le loro famiglie, e le loro famiglie li hanno rifiutati. Sono arrivati nella città promessa per unirsi alla loro gente, ma la loro gente non li accoglie affollando le strade, soprattutto non in questo periodo, durante il quale la loro gente sembra sforzarsi in tutti i modi di conquistare un posto al tavolo della ‘normale’ classe media americana”.
“Volevo fare un film che, in maniera poetica, rispecchiasse il problema dei senzatetto tra i giovani omosessuali. Volevo mostrare l’icona romantica di un vagabondo gay in una nuova luce. Dopo aver conosciuto James e Tyler, e dopo aver conosciuto la famiglia di James, la storia del film ha preso la propria strada. Non si trattava più solo di affrontare ‘il problema’. Ho dovuto constatare ancora una volta come la realtà sia sempre più sfumata e complessa della retorica politica”.