Vincenzo Caiazzo
Nato a Napoli nel marzo 1979. Nel 1998 si diploma Tecnico del suono e Fonico al C.P.M Music Institute di Milano. Nel 2001 si trasferisce a Bologna per frequentare l’Università e nel 2005 consegue la Laurea in Discipline dell’Arte e dello Spettacolo presso l’Università di Bologna. Nel 2004 vince il concorso per accedere al progetto Fandango: un Laboratorio di regia e produzione tenuto dal produttore Domenico Procacci, a cui hanno partecipato i registi Paolo Sorrentino, Matteo Garrone, Guido Chiesa, Emanuele Crialese, Daniele Vicari, lo scrittore Alessandro Baricco e i produttori Nicola Giuliano e Gianluca Arcopinto. Alla fine del 2005 Vincenzo realizza LA FONDUE, il primo cortometraggio prodotto dalla Fandango, in collaborazione con Sky. Il corto è interpretato da Cristiana Capotondi e Remo Remotti e viene acquistato e messo in onda da Sky Cinema Autore. In seguito Vincenzo compone le musiche del documentario NICHI di Gianluca Arcopinto distribuito al cinema e vincitore del Premio Libero Bizzarri e del Premio Napoli Cultural Classic come migliore colonna sonora. Nel 2010 realizza il mediometraggio LA CITTà DELLA PIOGGIA con cui partecipa a numerosi festival in Italia (Visioni Italiane 2011 a Bologna, il NIFF di Roma, Etnaci Film Festival, Festival del Cinema di Lecce) e vince il premio speciale Cineclub Fiori di Fuoco, Festival del Cinema Indipendente di Lecce nel 2010.
Nel 2012 realizza il corto SPECCHI RIFLESSI con Domenico Balsamo, presentato in anteprima al Festival Visioni Italiane 2013 e vincitore del Premio Arci Bologna per film che trattino tematiche legate all'esclusione sociale. Il suo primo lungometraggio, IL DIARIO DI CARMELA, vince il Premio "Ermanno Olmi" per il Miglior Film al Gallio Film Festival 2019.
Vincenzo ha da poco terminato la realizzazione di 2 documentari: NAPOLI PLAYING - LAVORARE NELLA MUSICA, sui mestieri della musica, e STORIE DI JAZZ (titolo provvisorio) sulla storia del Pomigliano Jazz, prodotto da EWC2001 e dalla Fondazione Pomigliano Jazz.
Dichiarazione del regista
“La storia di Mileva si concentra in un contesto futuristico, in cui la natura e i suoi frutti, hanno lasciato il posto a macerie e aridità. L’uomo, col tempo, è riuscito a deturpare quasi tutta la vita del pianeta, per recintarsi in territori spogli e abbandonati. In questo clima desolato e quasi privo di reali emozioni, Mileva incontrerà l’amore. Non sarà l’amore consueto che noi tutti conosciamo, ma uno contraddittorio, irruento, che rifiuta sé stesso e non si riconosce. Quasi un viaggio all’incontrario per le due figure femminili: Titti sta camminando, infatti, verso la scomparsa dei sentimenti e della gioia. La devastazione interiore [...].La sceneggiatura prova ad analizzare quel confine tra la realtà della protagonista, la sua vita quotidiana, e il suo immaginario, racchiuso nel fumetto e nei disegni che lei stessa realizza. Ma questo confine, all’apparenza invalicabile, viene superato anche dagli altri personaggi del film, che passano dalla realtà a ciò che vorrebbero essere attraverso i social media, creando quel mondo virtuale conosciuto come “web reputation” [...] Di fronte a questo paradosso, la nostra storia prova a raccontare e scovare un parallelismo. Da una parte, la vita tra realtà e finzione della protagonista Titti, con la creazione di un mondo immaginario in cui vive il suo alter ego, dall’altra, tutti i personaggi del film, che in modi diversi sconfinano la realtà per approdare in mondi virtuali, creati attraverso i social e il web, in cui sentirsi eroi.”