Sabato, 23 Luglio 2016 13:45

FANNY'S JOURNEY: il viaggio del meschino e della speranza

Francia, 1943. La nazione è ancora occupata dalla Germania quando i genitori di Fanny, tredici anni, e le sue sorelline più piccole, rispettivamente sei e otto anni, le mandano all’OSE, un orfanotrofio per bambini ebrei che si trova nel Nord Italia, non lontano dal confine che tripartisce Italia stessa, Francia e Svizzera. Ben presto, però, i nazisti arrivano sul territorio italiano e i membri della OSE organizzano disperatamente la partenza dei bambini verso il fronte svizzero, noto ai più per essere rimasto fondamentalmente neutrale durante la Seconda Guerra Mondiale, seppur circondato da tutti paesi in guerra tra loro.

Fanny e le sorelle, insieme ad un ristretto gruppo di altri bambini ebrei che, come loro, sono stati mandati via da Parigi a causa del pericolo di deportazione eccessivo e sempre imminente, si ritrovano sole, senza più né riferimenti, né conoscenze, né appoggi e sono comunque costrette a viaggiare senza sosta fino al raggiungimento della frontiera con sopra innalzata la bandiera rossa con la croce bianca. Il viaggio non sarà né breve, considerando che nella maggior parte del tempo deve essere percorso a piedi, né tantomeno facile, dato che degli ufficiali tedeschi, trovatisi in territorio francese, si mettono sulle loro tracce. Eppure la forza d’animo che infonde in Fanny il ricordo d’Eli, il suo primo amore platonico, e il coraggio di tutto il gruppo, diventano l’unico mordente valido per andare avanti fino alla fine.

LE VOYAGE DE FANNY, titolo originale del film di co-produzione internazionale franco-belga diretto dall’ottima regista Lola Doillon, è un altro inno alla speranza che propone oggi, ormai giunta al suo penultimo giorno, questa 46° edizione del Giffoni Film Festival. Proposto come ultimo film in concorso per la sezione +13, FANNY'S JOURNEY si avvale di uno splendido cast, anche stavolta di veri e propri enfants prodiges, e, soprattutto, di una magnifica colonna sonora, che ruba sapientemente la drammaticità di una canzone unica nel suo genere, la Tumbalalaika, dal film Prendimi l’anima (Roberto Faenza, 2003), in cui venne riadattata dal celeberrimo compositore italiano Andrea Guerra.

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