Sabato, 29 Luglio 2023 13:59

Sandra Pagliuca apre la "stanza segreta" della violenza di genere al #Gff53 con la senatrice Anna Bilotti e il capitano dei Carabinieri, Capezzuto

“Poterlo raccontare significa portarlo alla luce e questa è già un vittoria, significa uscire dalla stanza segreta e buia”. Ad accendere la luce davanti ai giovani di Impact nella Sala Blu del #GiffoniFilmFestival per l’ultima giornata di festival è Sandra Pagliuca, psicoterapeuta e vittima di violenza insieme alla senatrice Anna Bilotti e al capitano dei Carabinieri, Gianluca Capezzuto. La porta della stanza segreta delle donne stuprate, abusate, vessate psicologicamente e fisicamente è stata aperta dal cortometraggio “Per averci creduto” che racchiude la storia di Sandra Pagliuca, violentata in giovane età dal chirurgo che l’ha curata dopo un incidente stradale. Il trauma che ne è scaturito da quella violenza ha generato una donna che ha avuto il coraggio di denunciare e soprattutto di aiutare tante altre donne a oltrepassare il limite della vergogna e a fare i conti con se stesse e con ciò che hanno subito o subiscono. Sentirsi tutelate, protette, capite: sono queste le esigenze espresse dalle ragazze presenti in sala che si sono interfacciate prima con Sandra Pagliuca confrontando le loro storie con la sua e poi con la senatrice, membro della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio da poco insediatasi. Cambiare la cultura della vita e rieducare la società civile partendo dagli uomini ma non solo. E’ questa, secondo i protagonisti della mattinata, la piccola e significativa azione per superare l’ostacolo con l’ausilio di leggi e tutele statali che – ad oggi – sembrano essere ancora un punto lontano ma pur sempre all’orizzonte. “Tutto quello che mi è successo è successo nel segreto delle stanze e oggi raccontarlo è una vittoria anche se serve tempo – ha sottolineato la dottoressa Pagliuca – la vera violenza è quello che poi il trauma stesso continua a fare alla vittima, lascia in uno stato mentale in cui sei paralizzata e non sai se ciò che è successo è vero: hai vergogna, ti senti colpevole, hai paura che non ti credano. Io sono un po’ un miracolo perché da quella roba sono cresciuta e sono diventata poi un tecnico e continuo a riscattarmi ogni volta che salvo in qualche modo qualcuno però non basta. Bisogna che le leggi vadano riviste perché non sono fatte per il tipo di vittime che non sanno autodeterminarsi all’atto della violenza. Andrebbe insegnato dalle scuole elementari la vittimologia così da riconoscerla subito e correre ai ripari. Ma c’è un gap come se non si comprendesse cosa è il bene di chi subisce”. Un confronto sentito, cercato, indispensabile per i #giffoners e non solo: “Essere qui è importante per confrontarci con tutti per continuare a lavorare soprattutto con il contributo di persone che hanno subìto – ha dichiarato la senatrice Anna Bilotti – in questa sala voglio lanciare un messaggio perché il contributo più importante può esserci dato dalla società civile: il problema della violenza contro le donne è un problema degli uomini, sono loro che devono cambiare i loro comportamenti e lo Stato ha il dovere di porre essere un’azione repressiva ma noi dobbiamo essere in grado di fare prevenzione, dobbiamo arrivare prima e partire dai reati spia, indirizzando gli uomini verso processi di rieducazione che siano in grado di far comprendere loro il disvalore della violenza. Io amo particolarmente questo luogo, qua dentro si può dire tutto e io posso dire che la causa della violenza sulle donne ha un nome: patriarcato. Dobbiamo intervenire culturalmente, è frustrante avere il potere di essere un legislatore e rendersi conto che i mezzi sono limitati. Donne, siate libere e abbiate coraggio”. Tra momenti di commozione, durante il racconto delle storie personali di due giovanissime, la commozione dei presenti e i consigli del capitano dei carabinieri: “Le riflessioni intime oggi sono merce rara ma questo corto mi ha fatto pensare. L’Arma dei Carabinieri è stata fin da subito sensibile alla problematica e al di là dell’azione repressiva ci siamo concentrati sulle fasi antecedenti al reato – ha evidenziato Capezzuto – effettuiamo un’analisi sistematica dei fattori di vulnerabilità e svolgiamo attività di sensibilizzazione periodici nelle scuole, abbiamo inventato degli strumenti per determinare l’escalation che porta poi ad una violenza. Oggi prevediamo corsi di formazione per tutto il personale facendo sì che ogni carabiniere abbia competenze specifiche per gestire le problematiche, con l’introduzione delle stanze rosa. Collaboriamo con le spettanze cliniche di ogni territorio”. Infine la riflessione: “E’ importante effettuare una rivoluzione culturale, noi possiamo darvi i mezzi, consigli, normative ma chi effettivamente deve fare questa rivoluzione siete soltanto voi perché l’amore è libertà e voi dovete essere liberi”.

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