Lunedì, 24 Luglio 2023 14:20

Una carriera spezzata lo ha reso la persona speciale che è adesso. A #Giffoni53 Sky Sport presenta “Il calcio di Tony”

Questa è una storia di forza, tenacia, speranza. Questa è la storia di Antonio Palermo, uno sportivo “tornato dalla Luna” per continuare a giocare a calcio.

“Come sarebbe andata, se…?”. Chi di noi non si è mai chiesto dove ci troveremmo in questo momento se non fosse capitato questo o quello, falsando un percorso che credevamo fosse predestinato. Certi sliding doors più di altri scavano il solco della propria esistenza per tracciare le linee di una nuova storia. Questa è la storia di un amore per il pallone. Questa è una storia di forza, tenacia, speranza. Questa è la storia di Antonio Palermo, uno sportivo “tornato dalla Luna” per continuare a giocare a calcio. La sua è la storia di un talento puro destinato alla serie A, ma che si è dovuta interrompere all’improvviso per una malattia che lo ha semi-paralizzato e dalla quale è riuscito a guarire solo grazie a questo amore, alla vicinanza della sua famiglia e alla sua forza di volontà, che gli hanno fatto compiere ciò che molti medici trovavano impensabile. Oggi Tony (come lo chiamano tutti in paese) non è più la giovane promessa del Salento, ma è un uomo che con gli occhi vivi come quelli dei bambini, rimane il ragazzo che palleggiava per strada con le arance, le palline da tennis, i rotoli di scotch o qualsiasi cosa potesse prendere vita tra i suoi piedi. C'è chi diceva di lui che le sue gambe erano "pròtesi del pallone" tanto erano in simbiosi. Poi un tumore al cervelletto, che cambia tutto. Ironia della sorte. Ironia che però non ha molto di divertente. “Quando ti trovi in quelle situazioni ti rendi conto che tutto quello che facevi prima era una fortuna, sia giocare che camminare”.  Oggi ha 43 anni, è Assessore allo Sport e alle Politiche Giovanili nel Comune di Cavallino in provincia di Lecce, ma appena può gioca a calcio. Ha dovuto imparare a fare tutto daccapo, come i bambini. E dei bambini di certo conserva ancora l’ostinazione. Si allena. Si allena tutti i giorni: “Volevo solo tornare a giocare liberamente. Anche a calcetto con gli amici. E lì, se non sei bravo, non ti chiamano". Una passione totalizzante. Anche l’allenatore Antonio Toma ricorda che aveva “un sinistro ai livelli di Messi, un piede che era un prolungamento del muscolo sul pallone. Aveva una velocità di base impressionante e nell’uno contro uno saltava tutti. Tecnicamente, era il giocatore più importante che c’era da Roma in giù”. Ha accettato questa sfida impossibile, prima con se stesso, senza serbare alcun tipo di rancore nei confronti della vita. “Ero legato al lettino e pensavo che fosse arrivata la fine perché non ero più niente”. Ha sconfitto mostri e demoni. “Dove ho trovato la forza? Beh, oltre alla passione, c’è anche uno spirito di sopravvivenza che ti impone di andare avanti, con ferocia. Tutti noi abbiamo questa sorta di forza propulsiva, dobbiamo solo scoprirla. Ci vuole coraggio”. E il coraggio non è di certo mancato, nel percorso delle sue scelte: “Non sapevo dove potevo arrivare, ma ci ho provato, e ci sono riuscito”. Questo il suo messaggio che si lega alle cose essenziali da portare nel prorpio viaggio personale, una su tutte la gioia di vivere, restituendo un pensiero di positività, quando dice: “Ora riesco ad apprezzare le cose semplici che prima davo per scontate. Anche il solo fatto di poter state qui con voi a #Giffoni è una cosa bella”. E in un’epoca sempre più dominata dall’apparenza che impone di essere performante a tutti i costi, Tony racconta la sua storia - senza filtri - ai jurors +16, con lo stesso candore dei bambini che andava raccontato in un docufilm prodotto da SkySport: “Il calcio di Tony, il ragazzo tornato dalla luna” da uno spunto della giornalista Denise Negri di Sky Tg24 (regia e montaggio, Giovanni Cintoli, per una la durata di 17 minuti). Una storia di calcio che trascende il calcio: “Avrei tanto voluto ai ragazzini insegnare il gioco del calcio, a modo mio. Soprattutto, il sano diventimento. Quello che impari per strada”. Domande bellissime, riflessioni profonde e intelligenti dalla platea: “Ti dico grazie per questo esempio – afferma una Giffoners visibilmente commossa per aver condiviso una propria confidenza  – mi è stato di grande ispirazione questo cortometraggio, perché sto attraversando un momento difficile anche io. Mi sono immedesimata nel tuo dolore per sentirlo di meno”. Sicuramente, diciassette minuti spesi bene.

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