Domenica, 23 Luglio 2023 17:14

La generazione iperconnessa e solitaria nel film BLOOM per GexDoc

"L'unico motivo per il quale ho aperto l'account a 13 anni era perché volevo parlare con qualcuno". BLOOM, lungometraggio in concorso per GexDoc, esordisce con questa frase agghiacciante di una giovane donna, che in diretta streaming racconta un pezzo della sua intimità. Non è una piazza virtuale: internet ed i nuovi media non lo sono mai stati, vi accedono persone in carne ed ossa. A maggior ragione, non lo è per chi ammette di "non parlare più con qualcuno da molto tempo" e "quando dico non parlare, intendo alla lettera". La camera del regista Fanie Pelletier indugia su frammenti di storie giovanili. Sono tutte brevissime, si tratta di storie quasi "zippate", compresse. In pochi istanti, in modo molto vorace e solo all'apparenza in superficie, raccontano il mondo interiore. "Sono aromantica, nel senso che guardo le femmine e penso che mi piacciano i maschi; guardo i maschi e penso mi piacciano le femmine. Non so se in futuro mi innamorerò. Di sicuro, quando ho parlato con una ragazza che avevo conosciuto attraverso tiktok e ho espresso il mio punto di vista è parsa stupita che avessi anche dei sentimenti". E ancora: "Ho scoperto la parola abrosessuale, cioè sessualità fluida". La regista presente al dibattito osserva una generazione iperconnessa ma solitaria. Vive una lotta interiore con l'ossessione della propria immagine e un bisogno di autoaffermazione. Tutto si mischia anche ad un senso di alienazione. Non bisogna demonizzare i nuovi media, anzi diventano quasi un osservatorio privilegiato dal quale poter osservare gli adulti di domani. La regista Fanie Pelletier è sempre stata molto attratta dai video che circolano su YouTube, ma ha deciso di realizzare un documentario-lungometraggio quando si è accorta di un ampio campionario di video privati che i giovani realizzano attraverso le piattaforme. Poi controllano anche i picchi di interazione, qual è stato il tempo medio di permanenza degli altri follower sui propri profili. "Questi video mi hanno colpito perché sono all'apparenza di numero infinito e globali ma in realtà nascondono solitudine, noia, vuoto - conclude la regista-. Mi colpisce il modo in cui le ragazze si comportano, si mettono in scena e si trattano come oggetti. I video sono futili all'apparenza ma in realtà devono essere studiati dal punto di vista sociologico: è facile criticare ma l'osservazione deve essere estesa alla società che ha formato le ragazze". 

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