Sabato, 29 Luglio 2023 19:58

«Il teatro è dialogo, è hic et nunc. Anche adesso a Giffoni stiamo facendo teatro»

 «Il teatro è ‘hic et nunc’. Qui ed ora. Anche adesso stiamo facendo teatro. Questa di Giffoni è una performance collettiva: basta uno spazio vuoto, una persona che lo attraversa e un altro che guarda. Così nasce il teatro». Conquista e travolge i Giffoner del Workshop +18 l’attore Francesco Russo. Per lui anche l’Explosive Talent Award di #Giffoni53, per la carriera di successo, nonostante i suoi 30 anni, che lo vede spaziare dal teatro al cinema alla televisione.

«Essere a Giffoni è un’emozione totale, perché la prima volta che sono venuto avevo 15 anni, ero con la scuola e ho scoperto il cinema. Ricordo che parlai per tutto il tempo con un ragazzo di cinematografia, per poi scoprire che eravamo vicini di casa, abitavamo l’uno di fronte all’altro a Santa Maria Capua Vetere in provincia di Caserta. Abbiamo iniziato insieme e abbiamo girato anche un corto. Giffoni è incontro».

Un workshop che è quasi un flusso di coscienza sul mestiere dell’attore e sulla formazione, che “in Italia è tutta teatrale. Anche il regista per me dovrebbe fare teatro per lasciare poi spazio alla libertà teatrale”, sostiene Francesco.

Un talento esplosivo e un amore per il teatro iniziato a partire dai 5 anni. «Un amico di mia sorella era lo sceneggiatore di una compagnia amatoriale e serviva un bambino che interpretasse il ruolo di Peppiniello e la frase topica "Vincenzo m'è pate a me!" in Miseria e Nobiltà. Ho continuato a recitare nelle compagnie amatoriali già dai 6-7 anni. A 10 anni credevo già di essere importante. Volevo prendermi la scena. Dalla Commedia al dramma all’età dei 13 anni, fino all’incontro con Giancarlo Nicotra, regista che ha inventato Drive In, che mi propose un'esperienza di tournèe estiva con Gianfranco D'Angelo. Mi è sempre piaciuto recitare. Al liceo recitavo Shakespeare per strada con gli amici. Nasceva Youtube: io appartengo alla generazione pioniera del digitale e in rete guardavo gli sceneggiati Rai. Poi mi sono preparato per entrare all’Accademia Silvio D’Amico».

Da "Vincenzo m'è pate a me!" alle grandi fiction tv nel cast de l’Amica Geniale e di Filumena Marturano su Rai 1. Un omaggio, quest’ultimo per Francesco, e non un lavoro. «L’Amica geniale è un progetto universale, glocal, parla del locale ma lo amplifica, perché si allarga agli esseri umani, riguarda tutti, comprensibile dal polo nord al sud passando per l’equatore – afferma – Sono partito da Santa Maria Capua Vetere. Desideravo portare il mio sud e contaminarmi. Il meridione ha enormi potenzialità, servirebbe un tour del Giffoni in ogni regione d’Italia». E il messaggio ai giovani Giffoner che desiderano intraprendere una carriera artistica in ambito cinematografico: «Siate curiosi nel tempo libero. Come lo occupi, determina che tipo di attore sarai».

Universi differenti che si incrociano nell’esperienza di Francesco, attualmente impegnato a girare la seconda stagione della serie Call My Agent e prossimamente tra i protagonisti del film “Eravamo bambini” di Marco Martani. Concluse anche le riprese della serie “M, il figlio del secolo”, romanzo storico su Mussolini, per cui non si lascia andare ad alcuna indiscrezione, definendola soltanto “l'esperienza più bella della mia vita nell’audiovisivo”.

«Il teatro ha una funzione sociale, perché è un momento in cui si dialoga. In un periodo storico in cui siamo più chiusi, in cui bisogna invogliare le persone ad andare a vedere spettacoli teatrali, per me calcare il palcoscenico è una responsabilità enorme. La distruzione della quarta parete è fondamentale. È una questioni di ritmi. Ci sono tre livelli di scritture in uno spettacolo teatrale: il testo, la regia e chi guarda, il terzo autore. Il cabaret è una forzatura, un’imposizione sullo spettatore a cui strappare la risata. Il teatro è avere lo stesso respiro, lo stesso ritmo con la platea ed è bello quando ogni sera è diverso e quel respiro cambia».

Si sofferma sulle patologie degli attori e sulla paura di scomparire, senza declinare domande da parte dei Giffoner, in un dialogo denso e sincero, senza filtri.

Il suo è un viaggio tra i grandi centri teatrali in Italia, attraverso cui conduce i Giffoner, dalle produzioni a Roma, al triangolo teatrale Venezia-Milano-Torino, tra le maestranze e le accademie delle più grandi tradizioni teatrali italiane, dal nord alla Sicilia, come i teatri stabili di Torino, Genova, Milano, Udine, e ancora il Bellini e il Mercante di Napoli, il Biondo di Palermo.

«È importante la scuola per la formazione, non quale scuola – afferma – Io mi sono trasferito a Roma perché sentivo il bisogno di confrontarmi con realtà diverse, ma ho un rapporto bellissimo con la mia città.  Sono uno di quegli attori che fa i provini, porto la mia recitazione. Fare teatro è fondamentale, perché i casting director tendono ad andare a fare da talent scout durante gli spettacoli. Alla superficialità dell'immagine possono contrapporsi vibrazioni ed energia essenziali per portare in scena altri personaggi. A volte mi sono sentito oggettificato”, ma lavoro sull'idea di rompere l'aspettativa. L'attore suona se stesso come un musicista: il proprio corpo, la voce e l'energia sono uno strumento. Devi far vedere tutte le carte. A volte, nel lavoro dell’attore, devo andare incontro a richieste artistiche che non condivido: la strategia è provare a farlo perché è sempre un'esperienza che ti permette di sperimentare ed uscire da se stessi».

Leggi anche