Mercoledì, 26 Luglio 2023 20:31

Il messaggio di speranza di Bersani ai giffoner: "Una politica pulita è possibile. Bisogna ribadirne l'onestà e la sobrietà"

“Quando lo sguardo è diverso tra la mia generazione e la vostra, deve prevalere la vostra”: Pierluigi Bersani dialoga con i giffoner della Impact! ed elogia Giffoni: “È una meraviglia questo posto”. L’ex ministro e segretario del Pd lancia messaggi di speranza per uscire “dalla palude”. A iniziare dal “ribadire l’onestà e la sobrietà della politica. Perché – dice - una politica pulita è possibile, e io posso testimoniare di un po’ di gente che la fa così. Politica è onestà e generosità, se mancano i presupposti fondamentali meglio lasciar perdere”.

Diversi i temi affrontati, dal salario minimo al Pd di Elly Schlein. “Sinistra è una parola grossa – afferma - Esiste se riesce a trasmettere in concreto il tema dell’uguaglianza, uguale dignità delle donne e degli uomini di tutto il mondo. Non deve ragionare in stratto: deve avere il compito di portare un po’ di valori dal cielo alla terra”. Bersani evidenzia come è diversa la percezione che generazioni diverse abbiano della nuova segretaria del Partito democratico: “Voi mi state dicendo che la Schlein ragiona in concreto. Ma c’è tanta gente della mia generazione che pensa il contrario. Invece mi accorgo che lo sguardo della nuova generazione corrisponde molto a quello che Elly interpreta per com’è”. L’ex ministro sottolinea l’importanza delle “battaglie che si facciano capire nella concretezza della vita comune della gente”. E afferma: “Io credo che Elly si sia messa in questo percorso di concretezza. Io l’ho votata e voglio darle una mano”. Bersani ricorda come sia stato “fuori dal Pd un po’ di anni, perché vedevo l’idea di sradicare il Pd dal suo dna, dai valori della sinistra. Ci sono tornato perché vedo che si è aperta una possibilità. Elly Schlein ha vinto da fuori e questa è una questione che va sanata. Lei deve ricomporre il partito e gli altri devono riconoscere che, se le primarie hanno contraddetto il voto degli iscritti, è perché il Pd era talmente chiuso che non vedeva la gente a un metro fuori della porta”.

Non manca un passaggio sulle sue esperienze al governo. “Di cose ne ho fatte parecchie: dalla riforma del sistema elettrico alla riforma del commercio. Però, quando giro per strada, vengo ricordato per le famose lenzuolate di liberalizzazioni (il decreto Bersani-Visco, n.d.a.). Per due motivi. Primo: le cose, quando sei in un governo, prima le fai e poi le dici. Secondo: quando fai una cosa, non fare una cosa sola. In quel caso se ne fecero molte diverse tra loro, ma tutte riguardavano la vita comune di un cittadino”. E ancora: “Mi dicono spesso che sono l’unico liberale di questo Paese. Per me liberalizzare è di sinistra se lo intendiamo come proteggere cittadini e imprese dalle prepotenze del mercato. Tutte quelle cose lì sono state fatte contro le prepotenze del mercato. Quando si parla di liberalizzare i voucher, invece, si aiutano le prepotenze del mercato. Questa si chiama deregulation, ed è l’avversario”.

Centrale, nell’incontro con i giffoner, i temi del lavoro e del salario minimo: “Perché si pone il problema di creare una soglia minima? Perché il lavoro sta subendo una trasformazione secolare. C’è una cosa che ha scoperto Marx: quando si ha un salto tecnologico secolare, ed è questo che sta succedendo da vent’anni a questa parte ed è paragonabile a quello che è successo a fine ‘800, si cambiano le gerarchie sociali e anche i rapporti di produzione”. Dunque, sostiene, “non è possibile che da solo il sindacato affronti questa novità secolare se non ha una sponda nelle leggi. Come accadde con lo Statuto dei lavoratori. Non ci si può aspettare che la dinamica del mercato da sola affronti questo problema – insiste - Il salario minino non basta, ma sono anni che non si rinnovano i contratti e c’è gente che va avanti a 3,50 euro all’ora”. Servono “non solo i soldi, ma ferie, malattie. Il cerchio si chiuderà quando ci sarà una legge sulla rappresentanza e la rappresentazione”. Non è casuale un riferimento all’inflazione del momento: “La prima misura è prendere i soldi da chi ci guadagna sull’inflazione e metterli in tasca a chi ci perde. L’Italia è sempre l’ultima a uscire dall’inflazione”. E riporta un dato: “Nell’ultimo anno le vendite al dettaglio, basicamente di alimentari, sono aumentate del 3% in valore e calate del 4% in quantità. Vuol dire si sta pagando molto di più comprando molto di meno e chi si trova con salari non rivalutati deve fare il conto per il pranzo e per la cena. La sinistra deve partire da queste cose qua”.

Nel dialogo con i ragazzi della Impact!, Bersani prova a rileggere quanto accaduto dagli anni’60 a oggi. “Noi – spiega - avevamo il muro di Berlino in casa. Il Pci non poteva governare. Verso gli anni ’60 vengono fuori delle esigenze di novità, di autorganizzazione che il sistema politico bloccato non riesce a interpretare. A quel punto Moro e Berlinguer provano a sbloccare il sistema”. E continua: “L’idea era di fare un percorso assieme e poi realizzare l’alternanza. Insomma, sbloccare il sistema”. Ma cosa accade? “Brigate rosse, terrorismo, problemi nazionali e internazionali perché nessuno aveva interesse che si sbloccasse il sistema. Muore Moro e il sistema non solo torna bloccato ma torna l’idea che non potrà sbloccarsi e quindi iniziano dei governi per cui la politica diventa una palude. E nella palude viene fuori il malaffare”. Insomma, tra un aneddoto e l’altro, Bersani racconta che “era diventata una roba di una sfacciataggine, di una diffusione così palese. A un certo punto è scoppiato il bubbone”. E l’esito? “Quando è caduto il muro di Berlino, nell’89, in tutta Europa si è rinverdita la politica. In Italia, la nuova fase si è aperta nel pieno discredito della politica. Mentre gli altri la rinverdivano, da noi il discredito. E ci siamo ancora dentro”. Come uscirne? “Ci vorrebbe un ’68, cioè ripulire l’aria. Con meno di questo la vedo difficile – esclama - Però ci si può provare, per esempio cercando di ribadire l’onestà e la sobrietà della politica”.

Non mancano neppure riflessioni sulla sinistra, sul suo essere “sempre un po’ in rimonta” come elemento “connaturato alla storia italiana”. Perché “noi abbiamo avuto uno Stato tardivo, una borghesia che non ha tagliato la testa al re. Lo Stato è arrivato tardi, debole, e quindi noi abbiamo esercitato la nostra moralità nelle reti corte”. E ancora: “Fin da piccolo penso che l’elemento valoriale che distingue la sinistra, lo diceva Bobbio, è il tema dell’uguaglianza, è un fatto quasi antropologico. L’altra visione è ugualmente diffusa ed è una visione gerarchica, dove c’è il più e il meno”. Che fare? Di certo, “se si guarda la società con gli occhi di chi sta peggio si fa una società migliore per tutti. È una ricetta sì valoriale, ma economica, sociale”. Infine, emerge la convinzione che “nessuna rivoluzione può portare a una società perfetta, a un uomo perfetto. Quindi non si può aver fiducia che il progresso risolva delle cose di fondo”. Da qui, “il compito della politica e di chi fa informazione, formazione e comunicazione, anche solo cantando canzoni, è domare la bestia, bloccare sul nascere dei pensieri che possano far nascer aggressività, divisione tra gli uomini, perché le brutture del ‘900 sono nate da un pensiero”.

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