Lunedì, 25 Luglio 2022 17:43

Valentina Cervi ai giffoner: “Sono i rifiuti che, mettendo tutto in discussione, fanno crescere”

“Le cose si incontrano mettendosi in gioco”. È ricco di spunti e di stimoli l’incontro di Valentina Cervi con i juror +18. Sorrisi, sospiri, smania di domande e sete di risposte. Un misto di emozioni, insomma. E di insegnamenti: “Vi auguro di incontrare bravi maestri perché sono importanti, possono dare una scossa, farvi cambiare. Maestro – spiega l’attrice - può essere anche un compagno di lavoro che con cui non ti trovi, maestro può essere un regista. Poi ci sono i maestri invisibili a cui chiedere quando ti senti perso. Di solito i maestri sono le persone che ti mettono in difficoltà, non quelli che rendono le cose semplici. Solo superando l’ostacolo, facendo qualcosa che si crede non si riuscirà a fare, si cresce e ci si evolve. Altrimenti è troppo semplice”. Cervi non nasconde la sua gioia di essere a Giffoni: “Sono molto felice di essere qua”. E loro, i giffoner, sono felici di poterle rivolgere domande, chiedere consigli sul mestiere che vorrebbero fare da grandi. “Non è scontato saper già da ragazzi cosa si vuole fare da grandi – esclama Cervi - Io penso di avere avuto il privilegio essere nata in una famiglia di cinema e aver respirato quell’aria. Sentivo che era una grande fortuna, a 17 anni, scappare a fare i corsi di recitazione perché volevo fare l’attrice. Non era un mestiere: io volevo essere vista, amata, accettata”. Un modo, il suo, “per recuperare una mancanza”. Ma attenzione: “Bisogna capire perché si fa questo lavoro. La mancanza che tu hai non necessariamente ti fa essere un attore migliore. Quello che mi ha dato molto nel lavoro, ed è stato la mia terapia - confessa - sono stati i no, i rifiuti. Perché è questo che ti fa mettere davvero in discussione. Attraverso la negazione mi sono spogliata di alcune sovrastrutture”. Cervi non nasconde che “ci sono stati momenti della mia vita in cui non lavoravo, non mi sceglievano. Ma non mi sono mai fermata”. Tante le curiosità dei giffoner a cui l’attrice ha cercato di dare una risposta. A iniziare dall’importanza della scuola: “A me è mancata la scuola di cinema, io ho iniziato a lavorare da piccola”, dice. Ma sull’importanza di talento e formazione non ha dubbi: “Sono importanti entrambi. Ma senza il talento e con la formazione ce la puoi fare. Solo con il talento e senza la formazione invce.... perché il talento è un dono, ma deve essere coltivato. La formazione è importantissima, se il tuo maestro è bravo”.


Tanti i temi affrontati. Come la concentrazione, la memoria (“si impara provando. È l’ultima dei problemi”), i provini (“sono terrificanti”), la recitazione in italiano o in inglese (con l’ammissione che “recitare nella tua lingua madre non ha eguali, ti godi ogni singola battuta. Poi l’italiano è una lingua piena di musica”), la differenza tra l’interpretare personaggi immaginari o realmente esistiti. “I personaggi che sono sulla carta è meraviglioso interpretarli perché hai pagine di libri per comprenderli. Quando interpreti personaggi realmente esititi è molto difficile perché c’è la tua intuizione sul personaggio e poi elementi di realtà con cui ti scontri”. E poi, naturalmente, “c’è l’intervento del regista”.

Valentina Cervi parla a che dell’influenza del personaggio nella vita quotidiana: “Non mi sono mai sentita qualcun altro, ma mi sono resa conto che mentre recitavo sono apparse delle emozioni, dei pensieri che non avevo calcolato e che venivano da lontano. Me li sono portati a casa. Però cambiano l’umore più che la personalità. Questo lavoro è un gioco, non bisogna farsi sopraffare”. L’attrice si lascia andare anche ad altre considerazioni: “È un lavoro molto precario quello dell’attore, quindi continuare a lavorare è fondamentale per continuare a crescere”. E ancora: “Per un attore che vuole lavorare e non lavora è terribile. Però proprio in quel momento di silenzio c’è possibilità di comprensione”. Infine, sull’eventualità di insegnare recitazione, ammette: “Mi piacerebbe tantissimo mettermi a disposizione, ma non so se sarei in grado. È una grande responsabilità. L’insegnamento è un talento, una chiamata”. Non manca, prima di ricevere il Giffoni Award, un passaggio sul film La scuola cattolica, diretto da Stefano Mordini, e un ricordo del lavoro con Francis Ford Coppola: “Come tutti i grandi maestri è un uomo semplicissimo, ha capito che per far funzionare le cose deve mettere a proprio agio le persone. Ha un carisma che crea una specie di filo invisibile. Lavorare con lui è facile perché se ti metti in ascolto lui ti parla”.

 

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