Lunedì, 23 Luglio 2018 20:02

A GIFFONI INNOVATION HUB SI PARLA DI NOMADISMO DIGITALE E LAVORO DA REMOTO

Tornare a ripopolare i borghi abbandonati, lavorare dove si vuole facendo della felicità il proprio orizzonte: il nomadismo digitale, prima ancora che una realtà, è una straordinaria opportunità di realizzazione individuale e di svolta economico-sociale. Spunti dalla round table “Un fenomeno globale tra nomadismo digitale e lavoro da remoto” promossa oggi da Giffoni Innovation Hub nell’ambito della rassegna di innovazione Next Generation. La tavola rotonda è stata moderata dal fondatore di nomadidigitali.it Alberto Mattei che a margine ha sottolineato come “nella categoria dei lavoratori da remoto, molti sceglieranno di cambiare il proprio stile di vita per inseguire la nostra filosofia”. Secondo Mattei “va molto il Sud-Est asiatico. La Thailandia e Bali sono hub importanti”. L’Italia, intanto, è indietro per la “scarsa cultura digitale che non è soltanto infrastrutturale ma proprio nel capire quali siano le opportunità in termini di sviluppo di progetti”.

Ad oggi, aggiunge, “in Europa, oltre alle grandi città come Londra e Berlino, ci sono altre realtà più piccole come l’Estonia e la Slovenia, ma molto dipende dal regime fiscale dei singoli Paesi”. Parla di felicità il fondatore di Be Happy Remotely, Giovanni Battista Pozza che sottolinea "il sentimento fortunatamente è tornato di moda e lavoro da remoto e felicità possono essere strettamente collegate. C’è chi trova la bellezza tornando in borghi più piccoli, a dimensione d’uomo, chi nella riscoperta della lentezza del tempo, o chi ha solo la passione di viaggiare e scoprire il mondo e stringere relazioni. Iniziano ad accorgersene anche le aziende: la felicità ci permette di ottenere maggior produttività, empatia, salute, tendenza all'innovazione. Con la felicità si attraggono talenti". Suggerisce di “indossare una risata di scorta all’occasione".

Daniele Berti, Happiness Coach e studioso di felicità, autore del libro “Da homo sapiens a Homo Felix: l’evoluzione della specie”: "Freud disse: abbiamo rinunciato alla felicità per l’illusione della sicurezza. Oggi le scienze biologiche ci insegnano che il 40 per cento della nostra felicità dipende esclusivamente da noi, la felicità è di conseguenza da considerarsi una competenza, una cosa che possiamo imparare a portare nella vita quotidiana. Ma cos’è la felicità? È la consapevolezza di avere tutte le risorse che ci servono per superare le prove che la vita ci propone. Siamo neurobiologicamente fatti per essere felici, purtroppo ci hanno insegnato esattamente il contrario. Eppure bastano comportamenti molto semplici. Sotto stress reagiamo come quando siamo in pericolo di vita, la reazione immediata: è aggredire o scappare, bisogna uscire da questa visione".