JENNA BASS Jenna Bass è una scrittrice e una filmmaker sudafricana. I suoi film – il corto girato in Zimbabwe, THE TUNNEL, e il suo lungometraggio d'esordio interamente improvvisato, LOVE THE ONE YOU LOVE - sono stati premiati e proiettati in diversi festival tra i quali Sundance, Berlinale, Göteborg, Busan e al Durban International Film, dove Jenna è stata definita l’iniziatrice di una "New Wave" del cinema sudafricano. Il suo secondo lungometraggio, HIGH FANTASY, girato interamente con un iPhone 7, è stato presentato al Toronto International Film Festival 2017. Il suo terzo lungometraggio, FLATLAND, un western femminista ambientato nella regione del Karoo in Sudafrica, è attualmente in produzione. Jenna è editrice e co-creatore di Jungle Jim, la rivista illustrata pulp dedicata alla narrativa africana e fondata nel 2011. Nel 2012, con lo pseudonimo, Constance Myburgh, è stata selezionata per il Premio Caine, il principale premio letterario africano. Jenna è anche docente di scenografia e sceneggiatura presso la Cape Peninsula University of Technology.
Dichiarazione del regista Mi piace pensare che i miei film raccontino "cose strane che accadono alle persone che conosci". I personaggi dei miei film dovrebbero sentirsi reali perché lo sono: non solo ci sono familiari, ma sono pienamente realizzati, sono personaggi che respirano, pronti a bucare lo schermo. Credo che uno dei più grandi punti di forza del cinema sia la capacità di mettere lo spettatore nei panni di qualcun altro - non importa quanto questi siano comodi o scomodi – di calarlo in un'altra esperienza di vita altrimenti inaccessibile. Con HIGH FANTASY, il messaggio e il mezzo si sincronizzano perfettamente. La storia permette a un pubblico di giovani sudafricani di affrontare in modo catartico e frontale la politica dell'identità stratificata così rilevante per la generazione nata libera nel nostro paese come in altri. È una storia per coloro che mettono in discussione la loro libertà e la stessa narrativa con la quale sono stati cresciuti. Le questioni riguardanti la razza, il genere e la classe ci hanno reso ancora più dolorosamente consapevoli del fatto che le società in cui viviamo valorizzano alcuni dei nostri corpi più di altri. I corpi bianchi formarono uno scudo umano intoccabile durante le proteste contro le tasse a Cape Town che chiedevano un'educazione libera e paritaria in Sudafrica, mentre i corpi neri venivano colpiti con l'acqua e rinchiusi nei furgoni della polizia. Queste immagini hanno calcificato la realtà del nostro paese: un luogo in cui il passato ci perseguita ancora, come una maledizione. Un passato dal quale solo un miracolo, o un intervento soprannaturale, potrebbe farci fuggire. La chiave è l'idea dell'empatia, la nostra capacità di comprenderci l’un l’altro, una questione molto discussa, soprattutto quando si tratta di dolore generazionale. Cosa servirebbe davvero per vivere felici, insieme, nella comprensione reciproca? Per comprendere appieno il dolore degli altri? Abbiamo bisogno di scambiarci letteralmente di posto? E quale sarebbe il risultato di questo utopico miracolo? Cosa potremmo farne, come esseri umani che vivono insieme, di questa empatia guadagnata a fatica? Ci aiuterebbe a cambiare il nostro comportamento? O accrescerebbe solo il nostro disagio, i nostri sensi di colpa, la rabbia e disperazione? Lo scambio di corpo di High Fantasy ci permette anche di confrontarci, nel modo più diretto, con questioni delicate relative alla proprietà della terra, dei beni e persino delle persone. […] Il film ci aiuta anche a guardare, attraverso una lente fantastica, a questioni serie legate al genere, allo stupro, alla presunta impotenza o mercificazione dei corpi delle donne, così come alla liberazione che sta lentamente ma sicuramente avanzando man mano che vengono abbattute le barriere di genere e sessualità.
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