Kenneth Kainz
Nato nel 1970 a Elsinore, in Danimarca. Nel 1999 si è diplomato alla scuola nazionale di cinema della Danimarca, con il cortometraggio di fine corso A RARE BIRD (EN SJÆLDEN FUGL). Nel 2006 ha diretto il suo primo lungometraggio, PURE HEARTS (RENE HJERTER). In seguito ha realizzato il lungometraggio THERAPY (PARTERAPI, 2010) e il lungometraggio d’animazione OTTO THE RHINO (OTTO ER ET NÆSEHORN, 2013).
Dichiarazioni del regista
“Quando, nell’estate del 1978, io e mio padre uscimmo dal cinema in 3D Scala Bio, ad Aalborg, in Danimarca, sapevamo entrambi di avere appena vissuto una esperienza speciale e sbalorditiva. Eravamo appena entrati in un mondo completamente diverso, eppure avevamo vissuto qualcosa di molto vicino a noi. Avevamo assistito a una grande avventura spaziale così vicina alla terra da apparire altamente realistica. Come ci si poteva sentire così ingenui quando tutto è stato creato? La “forza” esisteva veramente? C’erano pianeti abitabili con due soli? Lo avevamo appena scoperto. Quello è stato un momento decisivo per me, e uno dei motivi per cui faccio narrazione per il grande schermo.
“Con il romanzo ‘La figlia della sciamana’, la scrittrice Lene Kaaberbøl ha creato un intero universo, con il quale mi ha ricordato la sensazione legata a ciò che è ‘molto molto lontano’, e allo stesso tempo mi ha fatto sentire circondato da personaggi che appaiono candidi e ingenui ma affrontano profondi dilemmi. Era evidente che la storia di Dina, la quale accetta malvolentieri la sua identità, una storia ambientata in un mondo meraviglioso e avventuroso popolato da draghi e facoltà soprannaturali, doveva essere portata sul grande schermo.
“Sebbene ci troviamo in un mondo di fantasia, una delle principali qualità del libro è l’onesta descrizione dei turbamenti interiori di ogni personaggio, che vengono tradotti in sentimenti autentici. I personaggi hanno problemi esistenziali e vitali, che danno alla storia un accento più grave, drammatico e inquietante, ma la rendono anche epica, avventurosa e fantastica. Come spettatori, non sappiamo in anticipo che cosa succederà a Dina, quindi siamo sorpresi, spaventati o entusiasti come lei quando la ragazza affronta nuovi amici o nemici. Volevo ritrarre una persona giovane – una persona piccola – che si scontra con un universo grande, violento e confuso, mentre viene introdotta alla complessità del mondo e impara a sviluppare la parte migliore di se stessa. La prospettiva visiva e il mio interesse sono focalizzati sulla ragazza valente che si ritrova in questo mondo fantastico, e non sul mondo fantastico che ospita una ragazza. Adattare un romanzo comporta dei compromessi, ma per me è stato fondamentale conservare il tono dell’opera di Lene Kaaberbøl. Si tratta di un romanzo aspro e oscuro, quindi doveva uscirne un film aspro e oscuro, ma entrambi sono pieni di speranza, e non abbiamo mai spento la luce.
“Con la mia esperienza da adulto, ho fatto un film che il bambino dentro di me vorrebbe vedere. E, in tutta modestia, spero di offrire a ogni bambino e ai suoi genitori una esperienza meravigliosa da poter condividere e, mi auguro, intensa come quella che vissi insieme a mio padre nel 1978”.