MARIO MONICELLI
Stimato dalla critica e amato dal pubblico, Mario Monicelli non ha mai rinunciato al compromesso tra il cinema d'autore e le esigenze del botteghino e ha creato nella sua lunga e fruttuosa carriera una serie indimenticabile di personaggi e con la sua opera esaminata nel complesso un affresco, amaro e ironico al tempo stesso, dell'Italia e della sua proverbiale arte di arrangiarsi.
Figlio del giornalista e drammaturgo Tomaso Monicelli, Mario nasce a Viareggio il 15 maggio 1915. All'inizio degli anni Trenta studia a Milano e intanto collabora con 'Camminare...', una rivista d'avanguardia in cui si occupa di cinema. Dopo le scuole superiori si iscrive alla facoltà di Storia e Filosofia dell'università di Pisa.
Nel 1935 partecipa per la prima volta alla Mostra del Cinema di Venezia con I ragazzi della Via Paal, un film a basso costo che riscuote un discreto successo tra il pubblico del Lido e ottiene anche un premio.
Dopo un periodo passato a lavorare come aiuto regista e sceneggiatore, nel 1949 Monicelli inizia la felice collaborazione con Steno che proseguirà per alcuni anni, fino al 1953.
Insieme, i due dirigono a quattro mani una serie di film che rappresentano le fondamenta della commedia all'italiana e soprattutto in alcune pellicole interpretate da Totò, Totò cerca casa (1949), Vita da cani (1950), Guardie e ladri (1951) e Totò e i re di Roma (1952), Steno e Monicelli si distinguono per la capacità di affrontaretemi realisti e drammatici, come la disoccupazione o la povertà, con i consueti toni leggeri e scanzonati.
Dopo Padri e figli, con il quale vince il suo primo orso d'argento al Festival di Berlino del 1957, Monicelli realizza I soliti ignoti (1958), Nastro d'argento per la miglior sceneggiatura, che inaugura il filone più raffinato della commedia all'italiana. Nel 1959 dirige La grande guerra, lettura magistrale delle vicende belliche viste con gli occhi della povera gente, interpretato dal duo Gassman-Sordi e vincitore del Leone d'oro a Venezia (ex-aequo con Il generale della Rovere di Roberto Rossellini).
Negli anni successivi Monicelli lavora ad una lunga serie di pellicole che ormai fanno parte dell'immaginario collettivo, come quelle che raccontano le avventure di Brancaleone da Norcia, L'Armata Brancaleone (1966) e il successivo Brancaleone alle crociate (1970), ambientate in un Medioevo grottesco e di pura invenzione, con il solito gruppo di perdenti a fare da protagonisti.
Indimenticabili anche le vicende del conte Mascetti e dei suoi compagni, protagonisti di Amici miei (1975), apologo della vita considerata come un gioco continuo e del gioco come massima espressione dell'intelligenza e della vitalità.
E poi ancora successi e una valanga di premi per Monicelli grazie a titoli come Caro Michele (1976), Orso d'argento al Festival di Berlino, Un borghese piccolo piccolo (1977), David di Donatello per la miglior regia e Nastro d'argento per la sceneggiatura, Il Marchese del Grillo (1981), Orso d'argento a Berlino.
Nella sua lunga carriera Monicelli è stato anche candidato per ben due volte all'Oscar per la migliore sceneggiatura, nel 1965 con I compagni (1963) e nel 1966 con Casanova '70 (1965).