Lunedì, 26 Luglio 2021 12:12

Vincenzo Nemolato si racconta ai ragazzi di Giffoni

Sembra passare per caso, Vincenzo Nemolato, attore napoletano divenuto popolare impersonando la spalla di Renato Carosone per la tv. Sembra, e poi resta così, come niente fosse, prima di sciogliersi nel calore dei giovanissimi giurati della sala Alberto Sordi. «Sono molto emozionato, vi confesso. Io sono partito dal palcoscenico, ho fatto tv e cinema e poi ci torno, spero che i palcoscenici tornino protagonisti del nostro tempo»: è questo il percorso semplice, casuale e sentito del giovane talento napoletano. «Volevo fare economia, ho vinto una borsa di studio per attore e ho seguito questa strada mettendo da parte la finanza. Da lì, scoprendo le storie dei personaggi mi sono appassionato a raccontare qualcosa che riguarda gli altri. Ho scelto questo per empatia, ho scelto la recitazione» Dopo aver vinto il premio “Le maschere” e il premio “Ubu”, Nemolato è un volto peculiare della scena artistica italiana.

L’ultimo film “Carosello Carosone”, in cui ha interpretato il volto di Gegè di Giacomo, icona di Napoli al fianco del grande maestro, lo ha catapultato sul piccolo schermo con una prova di grande carattere: «L’aspetto più difficile è stata la questione batteria, era un film musicale in cui dovevo suonare, lui suonava di tutto e io ho stalkerizzato agente e produzione prendendo lezioni. La produzione mi aveva dato massima libertà per le lezioni e io sono andato tutti i giorni, spaccando tutti i bicchieri di casa, tutti i calici, poi ho imparato in playback tutti i brani. Il maestro mi diceva che facevo schifo a suonare, ma quando partiva la musica facevo finta alla perfezione». Di Giacomo era un personaggio estremo, libero: «La scena in cui io suono i bicchieri è stata realizzata esattamente dove è avvenuto il vero provino di Gegè. Io ho un rapporto fortissimo con Napoli, me la porto sempre dovunque vado, uso i corni per attirare le energie negative, c’è qualcosa di magico nella città e anche nel mio mestiere».

La prima volta di Nemolato è stata al Napoli Teatro Festival, tredici anni fa, «feci “Scemolillo”, un personaggio che aveva avuto la meningite. Da allora non sono più sceso dal palco. Ho lavorato con Toni Servillo, ho fatto una tournée di tre anni con lui, due film. Poi ho lavorato con Marco D’Amore, a teatro, con American Buffalo, lui per me è un maestro, sembra avere quarant’anni di più. Il mio attore preferito, tra i tanti, è Gianmaria Volonté». Sul percorso di attore, sulle scelte, «sono stato fortunato», spiega Nemolato, «questo lavoro è una scelta di vita, sei sempre in giro e hai difficoltà nelle relazioni, servono sacrifici. Io all’inizio della mia carriera, quando mi appassionavo, qualcuno ha provato a scoraggiarmi. Invece i miei genitori, mio fratello, mi hanno sempre insegnato a credere nei sogni, senza mai problemi su questo. Mio padre, operaio, mi diceva di fare quello che volevo, così sarai felice. Io a volte ho sentito il terrore prima di entrare in scena, poi gli applausi e l’emozione mi lasciavano senza parole. La recitazione è come quando sei piccolo, su uno scoglio altissimo da cui non si può scendere, poi ti lanci e mentre sei in aria senti un brivido, arrivi in acqua e vuoi buttarti di nuovo, come volare nell’ignoto, durante il volo».