Sabato, 19 Dicembre 2020 19:31

Poesia e territori: la comunità ruscello vincerà sulla comunità pozzanghera. I masterclasser Impact a confronto con Franco Arminio

Cari ragazzi (…) Vivere è un mestiere difficile a tutte le età/ ma voi siete in un punto del mondo/ in cui il dolore più facilmente si fa arte/ e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate/ Non lo fate per darvi arie creative, fatelo perché siete la prua del mondo: davanti a voi non c'è nessuno”. Il poeta e paesologo Franco Arminio ha voluto salutare con una lettura della sua Lettera ai ragazzi del Sud, i giovani masterclasser Impact che hanno preso parte ad uno degli appuntamenti più intensi di #Giffoni50 – Winter Edition.

Coordinato dal giornalista Alfonso Tramontano Guerritore, il confronto con Arminio si è trasformato in una riflessione profondissima sulla poesia come resistenza e necessità e sul destino di quelle alture e quei piccoli paesi, dove restano purtroppo sempre più e sempre solo abitazioni e sempre meno persone, a testimoniare un passato che pulsa.

“Vivo nella terra del terremoto – ha affermato il paesologo – Più precisamente, nella casa in cui sono nato sessant'anni fa. E non ho alcuna intenzione di trasferirmi altrove, perché questo è il luogo dove si giocano le cose essenziali della mia vita”. Territori lacerati sì dal sisma, ma anche da continue ferite aperte dall'emigrazione. “Il mio desiderio – ha continuato – è quello di far invertire la rotta, di trasformare questi posti in luoghi da cui si parte ma in cui si ritorna, con il bagaglio di conoscenze e di esperienze acquisite altrove. E' doveroso per riscattare le fatiche dei nostri nonni, per questo chi li abita non può essere sciatto, ma deve combattere con letizia”. Un “nuovo umanesimo della montagna”, così l'ha definito lo scrittore, che come un pioniere si esercita a traghettare la sua memoria verso il futuro. Tantissime le domande poste da Camilla, Carmela, Marta, Giulia, affascinate da una narrazione poetica fatta di metafore efficaci.

“Me la prendo con i disertori sociali, ma anche con gli scoraggiatori militanti – ha risposto Arminio a chi gli ha confessato il senso di smarrimento di abbandonare la propria casa per trasferirsi lontano – Sono coloro che hanno fallito e si adoperano per far fallire le vite degli altri. In questi anni hanno vinto, perché nell'emigrazione hanno trovato la conferma delle loro teorie”. Ma a quella battezzata la “comunità pozzanghera”, fatta di una mentalità ottusa che ha per protagonisti, alle volte, i paesani e non il paese, va contrapposta la “comunità ruscello”, che priva di rancori e incrostazioni, saprà essere pronta ad arieggiare le menti e a costruire le basi per la rinascita. Quando il sisma dell'80 sconvolse quei territori, Arminio aveva vent'anni e capì che la sua vita aveva subìto una frattura. La stessa frattura che Camilla ammette di aver ricevuto dalla pandemia. “Oggi il mondo è in pericolo - ha risposto Arminio – Bisogna fare buon uso di questa sventura, adottando un modello di vita militante. Questa pausa può infatti essere l'occasione per impegnarsi nel sociale e reclamare i propri diritti, senza essere sempre soggetti passivi di decreti ed ordinanze. A quando una grande manifestazione per il lavoro ai giovani?”.

Le curiosità dei ragazzi si sono poi indirizzate sul mestiere del poeta. “Ho iniziato a scrivere a quindici anni, come tutti, forse, per inquietudine. Non è stato facile. Anzi, non lo è stato affatto. Nella vita i risultati arrivano solo con la dedizione. Bisogna rimboccarsi le maniche ed essere curiosi degli uomini e del mondo”. Una curiosità che alle volte ha un sorriso amaro, pronta a inciampare nella malinconia. “Il poeta non è un atleta del sentimento – ha incalzato il paesologo – La poesia è lavoro, esercizio, applicazione. In più, rispetto agli altri, il poeta ha una curvatura verso il dolore, perché la molla che lo spinge è il tentativo di dare intensità alla vita, al tempo che passa, che è purtroppo breve”.

Ma parlare di morte è un pensiero negativo? No, semmai è un concetto realistico, differentemente da quanto certi insegnamenti scolastici continuano a voler inculcare nei ragazzi, portandoli così a prendere le distanze dai poeti. “Uno dei più grandi errori che commette la scuola è quello di associare la poesia alla morte, alla pesantezza, o di ingabbiarla in quelle che vengono definiti termini alti, aulici. Montale invece ci dice che si può fare poesia anche con un colpo di tosse”. Una citazione colta dai giovani masterclasser, che hanno lamentato quanto siano scarse le occasioni di confronto con gli intellettuali. Limite che ancora una volta, Giffoni ha dimostrato di saper travalicare.