Mercoledì, 16 Dicembre 2020 18:34

“Lievito madre e tanta passione per un prodotto d'eccellenza”. Il pastry chef Luigi Biasetto svela ai giffoner i segreti del panettone.

Che l'abbia inventato Messer Ulivo degli Atellani per fare colpo sulla bella Algisa, o lo sguattero Toni, per aiutare un cuoco distratto alla corte di Ludovico il Moro, fa poca differenza. Il panettone è infatti per antonomasia il dolce simbolo del Natale, quello che non può mancare sulla tavola delle feste. A parlarne con i giffoner, svelando i segreti della sua preparazione, è stato Luigi Biasetto, blasonato pastry chef ospite di #Giffoni50 - Winter Edition. Prima considerazione: il panettone è un dolce “spedibile” e, come i celebri macarons francesi, può dunque raggiungere anche le località più lontane senza perdere la sua inconfondibile bontà. Una caratteristica che lo ha portato a farsi conoscere anche oltre i confini nazionali, in particolare in Spagna e in Francia, dove i maestri pasticcieri italiani sono considerati i guru indiscussi nella preparazione di questo ghiotto fine pasto. Ma quali sono le regole d'oro da seguire?

“Innanzitutto l'utilizzo del lievito madre – ha spiegato Biasetto – E' la base che conferisce morbidezza, umidità e fragranza che pochi altri prodotti dolciari riescono a raggiungere”. Forse non tutti sanno che alla base del lievito madre c'è la fermentazione delle bucce di frutta, che rendono questo ingrediente così prezioso e capace, con il passare delle ore e dei giorni, di triplicare il suo volume e di “reinventarsi” in ogni passaggio della lavorazione. La preparazione è labriosa è, ammette Biasetto, “necessita non meno di 42 ore, motivo per cui, farlo in casa può essere divertente e didatticamente interessante, ma il risultato, rispetto a un prodotto di alto artigianato, lascerà comunque a desiderare”.

A differenza dei preparati industriali, l'haute couture dei panettoni adopera solo materie prime di altissima qualità e una lavorazione che procede per impasti continui alternati a riposi al caldo, fino a vedere la pastella crescere nel pirottino con i suoi doni golosi: il miele, il burro, i canditi e chi più ne ha più ne metta, a seconda dei gusti. “Questo è un dolce che si mangia con i sensi – ha continuato il pastry chef – E' un viaggio che parte dall'olfatto nel momento in cui andiamo ad aprire la busta e le nostre narici vengono inondate da un buon odore di cose naturali, dagli agrumi alla vaniglia”. La cosa più preziosa di un panettone è la frutta: “più frutta conterrà, meno sarà gonfio, perché la frutta non lievita”, mentre gli zuccherini che decorano la parte superiore, “dovrebbero essere integri e compatti, questo è indice di freschezza, viceversa se sono già sciolti, vuol dire che il panettone ha già qualche giorno di vita”.

Solleticando i golosi, il maestro pasticciere ha afferrato un coltello per tagliare la sua “creatura”: “le bolle ci vogliono e se ne strappiamo un pezzettino con le mani deve fare l'effetto fiocco, cioè staccarsi senza eccessiva resistenza”. In queste piccole mosse risede l'equilibrio dei sapori, oltre che la garanzia di qualità. Per i puristi, un suggerimento: meglio acquistare un panettone artigianale dai tre ai cinque chili, perché il suo bouquet darà il massimo, proprio come con le Magnum di vino pregiato. E a chi gli ha chiesto quante fette se ne possano mangiare, Biasetto ha suggerito di fare uno strappo alla regola per Natale, prima di tornare a correre o a pedalare sulla cyclette. Buon panettone a tutti.