Domenica, 01 Dicembre 2019 12:08

Istituti italiani di Cultura e Comites, oggi su "Il Mattino" la proposta del direttore Gubitosi

Apparsa oggi sul quotidiano nazionale "Il Mattino" la proposta dei direttore di Giffoni Opportunity, Claudio Gubitosi, dedicata agli Istituti Italiani di Cultura e ai Comites, i Comitati di rappresentanza degli italiani all'estero. Pubblichiamo di seguito la versione integrale dell'intervento. 

foto articolo istaliani allestero

"Come vivono gli italiani all’estero e quale legame riescono a conservare con le proprie radici? Andare in giro nel mondo mi dà l’opportunità di incontrarne tanti che dall’Italia sono andati via decenni fa e molti, figli e nipoti, che in Italia non hanno mai vissuto. E’ un incontro che mi consente di ascoltare dalla loro voce quello che pensano del nostro Paese, quello che vorrebbero che il loro Paese facesse per loro e che spesso non fa.

C’è una questione, dunque, che è soprattutto di rappresentanza. Chi rappresenta gli italiani all’estero? Chi tutela le loro origini, la loro funzione di testimoni di un’italianità che è ancora palpitante e non oleografica?

Dare rappresentanza agli italiani all’estero è stata la battaglia di una vita di Mirko Tremaglia. Io non sono contrario a quella previsione normativa, anzi. Ma forse lo stesso Tremaglia di fronte alla sua applicazione pratica oggi avrebbe qualche perplessità. A questo si aggiunga che, a nemmeno venti anni dal varo di quella legge, siamo già di fronte ad una modifica della norma che riduce di un terzo il numero di parlamentari da eleggere. Da diciotto si passerà a dodici: otto deputati e quattro senatori. E non voglio nemmeno pensare all’ipotesi, di cui pure si discute, che a candidarsi in questa circoscrizione potranno essere anche i cittadini italiani. Bah!

Ma cosa fanno i parlamentari eletti all’estero? Si tratta di rappresentanti di territori sterminati. Il paradosso vuole che debbano ovviamente stare in Italia nel corso del loro mandato. Per partecipare ai lavori d’aula o alle sedute di commissione. E se un deputato campano, dico per esempio, può facilmente continuare a tenere un contatto saldo con le comunità, un senatore eletto a Sidney ha molte più difficoltà a mantenere vivo il rapporto con il gruppo di connazionali sparso per l’Oceania.

Di cosa hanno bisogno? Sono poche, ma significative, le loro esigenze. In sintesi, queste le priorità: dal riconoscimento ed il riacquisto della cittadinanza – in molti l’hanno persa per naturalizzazione nei Paesi di residenza – alle misure per la promozione della lingua e della cultura italiana fino al potenziamento del servizio Rai. A questi aspetti si aggiungono quelli di natura burocratica: dal riconoscimento dei titoli di studio a quello per le patenti di guida fino al rafforzamento dei diritti in campo pensionistico, previdenziale e fiscale. E, infine, la rete consolare che viene sempre più penalizzata, ridotta. Così si riduce anche l’Italia che si fa sempre più piccola sullo scacchiere internazionale. Sono questioni su cui sarebbe stato auspicabile un intervento legislativo dei parlamentari eletti all’estero. Che di fatto non c’è stato.  Ma quanto costano allo Stato italiano questi parlamentari? Attenzione, non è mio intento soffiare sul fuoco del populismo anti casta. La democrazia è per certi versi un privilegio e ha i suoi costi di esercizio. L’interrogativo è sull’efficacia della loro azione. Veniamo ai numeri: ogni parlamentare ha un costo annuo di circa 180mila euro. Considerati i 18 eletti nella circoscrizione “Estero”, il loro costo complessivo su base annua è di oltre tre milioni di euro. Dall’introduzione della legge e, quindi, dalle Politiche del 2006 ad oggi, sono stati spesi quasi 40 milioni di euro. Potevano essere impiegate diversamente queste risorse se l’obiettivo è quello di dare voce alle esigenze degli italiani all’estero? Ritengo di sì.

Spesso mi capita di incontrare i rappresentanti dei cosiddetti Comites, i comitati di rappresentanza degli italiani all’estero. Sono organizzazioni riconosciute per legge. Attualmente in giro per il mondo ne operano 106. Sono utili? Direi di sì. Sono efficaci? Non come potrebbero. Per scarsità di risorse. L’esiguità dei budget di fatto rende vani gli sforzi di chi li anima. Ma non spegne la loro buona volontà. Ecco, dare più risorse ai Comites significherebbe dare rappresentanza alle esigenze dei nostri connazionali che vivono fuori Italia.

E poi ci sono gli oltre ottanta Istituti Italiani di Cultura. Sono un presidio importantissimo. Sono centri di promozione culturale essenziali. Sono utili? Moltissimo. Funzionano? Non come dovrebbero. La ragione è sempre legata alle risorse risicate di cui dispongono. Più soldi per gli Istituti di Cultura significherebbe avere più Italia di qualità nel mondo. Se si va a guardare le iniziative promosse emerge con evidenza come queste siano più il frutto dello spirito di dedizione dei direttori che il risultato di una regia governativa Più dei budget può la forza di volontà di chi opera negli Istituti.

Allo stato credo che sia difficile, se non impossibile oggi rinunciare completamente ai parlamentari eletti all’estero. Però nulla ci vieta di immaginare, ad esempio, cosa sarebbe accaduto se in questi anni si fossero distribuiti 40 milioni di euro ai Comites e agli Istituti di Cultura. Non bisogna avere grande fantasia peri immaginare quanti risultati si potrebbero raggiungere. Tutto questo potrebbe avere ancora maggiore efficacia se si concepissero i nostri istituti non come un centro di costo, ma come un motore di ricavi.

Basterebbe agire con coraggio e con lucidità. Abbiamo un Paese che ha smarrito la propria entità nazionale e confuso la propria identità e c’è una politica che ha perso la sua missione. Nel mondo c’è un alert generale, lo registro. Spesso nel mondo mi chiedono: ma in Italia che succede?  Non è facile rispondere senza lasciarsi andare ad una specie di amara rassegnazione. Capisco, perciò, che in questa ottica la rete diplomatica o gli Istituti di Cultura all’estero debbano barcamenarsi tra ciò che si può dire e quell’immagine di un Paese che è ancora riferimento nel campo della cultura e della conoscenza. Ancora una volta si capisce come gli Istituti di Cultura siano un vero presidio che riescono ad infondere certezze in un mare di precarietà, andando oltre i limiti della contingenza e continuando a trasmettere il messaggio di una storia, una cultura, un patrimonio artistico ed intellettuale come pilastri solidi di un Paese che è ancora obbligatoriamente chiamato a promuovere la sua grande Bellezza".

Claudio Gubitosi

Ideatore e Direttore Giffoni Opportunity

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