Martedì, 19 Luglio 2016 13:09

Rag Union: fuoco, rivoluzione, anarchia

La vita di un normale adolescente, Vanja, cambia dopo che fa la conoscenza di tre ragazzi alquanto strani, la cui prima domanda per il giovane protagonista, nel momento stesso della loro stretta di mano, è “da che parte stai?”. Sportivi, artisti e sognatori, i tre si fanno chiamare “Triapichniy Soyuz” e credono di poter cambiare il mondo intero attraverso l’ideologia politica dell’anarchia applicata a qualsiasi aspetto della società. Il mezzo per raggiungere il proprio fine di protesta è quello dell’arte, e il nome con cui il gruppo, ormai diventato un quartetto, ama autodefinirsi è, per l’appunto, Rag Union: l’Unione degli Stracci.

L’opera, firmata dal giovane regista russo di Tver, Mikhail Mestetskiy, è stata accolta con apprezzamenti e applausi da parte della giuria +16 per cui era proposto in concorso, Rag Union cerca di rispondere alla difficile domanda “come si possono cambiare le cose con l'anarchia?”, attraverso l’idea secondo cui l'anarchia stessa non è semplicemente una protesta contro il governo e lo stato, ma, anche e soprattutto, una protesta contro il mondo intero. E quindi, proprio in quanto tale, è in un certo qual modo condivisa universalmente proprio dai giovani nella fascia d’età adolescenziale, cioè la stessa dei giurati presenti in sala.

Ottimo il linguaggio tecnico, dalla color correction alla fotografia, dalla scelta del cast alla post-produzione con utilizzo di notevoli effetti speciali; significativo il contenuto che, a detta dello stesso regista, è assolutamente autobiografico. Mestetskiy racconta infatti un'esperienza effettivamente vissuta quando da ragazzino fece parte di un gruppo artistico di nome "Radek", all’interno del quale lo scopo primario era proprio quello di cercare una chiave di volta nel concetto stesso di rivoluzione. Poi un compagno del regista è morto e l’intero gruppo, vittima di un colpo degno di considerazione, si è fermato. Una sola, fatidica domanda, quindi, per trasmettere il messaggio che Mestetskiy ha voluto celare sotto la prima lettura del film: cosa si può fare quando non c'è più niente da fare?

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