Venerdì, 18 Luglio 2014 18:40

Pif:"Individuate i vostri eroi prima che sia la Mafia a indicarveli, uccidendoli”

“Devo venire più spesso a Giffoni, fa bene all'ego”: così PIF, primo ospite  a calcare il Blue Carpet della 44esima edizione del Giffoni Experience e a incontrare i ragazzi delle gurie che lo aspettano, impazienti, in una sala Truffaut gremita all’inverosimile. Un’ovazione accoglie il regista di La Mafia Uccide Solo d’Estate, pluripremiato esordio di Pierfrancesco Diliberto che i ragazzi hanno visto prima di incontrarne il regista, per la prima volta alle prese con la platea dei giurati.

“Mi aspettavo che mi chiedessero com’è stato baciare la Capotondi” dice PIF sorridendo e scherzando con i ragazzi che lo subissano di domande, soprattutto i suoi conterranei. “Temevo la reazione dei palermitani, perché non ne usciamo proprio benissimo, se non per lo scatto d’orgoglio finale. Ma mi sembra che sia andato bene poi. È stata una sorta di autoanalisi che noi palermitani forse non abbiamo mai fatto. Il film è nato perché trasferendomi a Milano e chiedendomi tutti della Mafia ho capito che molti italiani hanno ancora l'immagine di Riina, con il fucile e la coppola, non quelli della 'Mafia bene', alla Bontade”.

La spinta al film, le ispirazioni cinematografiche, le scene più amate e quelle più difficili: Pif non si risparmia, senza mai perdere la leggerezza, rispondendo ai giurati.

“Andavo in paranoia per girare i dettagli” confessa questo ‘ragazzo del ‘72’ che non ha mai avuto dubbi su quel che avrebbe fatto nella vita  (“Avere un padre alla guida di una società di produzione è stata la mia fortuna: ho iniziato come cameraman e sono arrivato ad essere un regista di successo, il che vi da la dimensione del crollo del cinema italiano” scherza PIF)  e che rivela di aver perso il sonno per quella che ritiene la sua scena preferita, il mix tra la scena del funerale di Dalla Chiesa e della scorta di Paolo Borsellino, tra immagini di repertorio e fiction. “Per settimane non ho dormito temendo che non si mixassero bene. E invece penso che sia venuta benissimo, considerati i mezzi a disposizione”. L’applauso conferma.

Il successo, dice, non l’ha cambiato:  “Mi rendo conto che prima nessuno mi ‘considerava’ (per usare un termine meno ‘colloquiale’ di quello usato sul palco) e che invece oggi sto attento a togliermi la forfora dalle spalle e a provare a stirarmi le camicie, anche se non tocco un ferro dai tempi di ‘Papa don’t preach’”.

Al di là delle questioni ‘estetiche’ il vero problema, dice Pif, è con la tv: “Un tempo andavo in giro io con la mia telecamerina e la gente parlava con me molto più liberamente. Adesso… non dico che sono come Belen, però il rischio di montarsi la testa ci sono, esistono tutti i presupposti per farlo”.

Il rischio potrebbe concretizzarsi anche nella realizzazione della sua opera seconda: “Nel secondo film spero di mantenere questa naturalezza, di essere il più spontaneo possibile senza pensare al resto. Il primo l'ho fatto perché avevo 20 anni nel periodo delle stragi del ’92, stragi che hanno segnato la mia generazione: il lato positivo di quel periodo è che ha rappresentato un moto d’orgoglio. Il problema, però, è che abbiamo aspettato due stragi incredibili e violente come quelle prima di arrabbiarci: arrabbiamoci un po’ prima, non deve scapparci il morto prima di indignarsi. La ribellione del palermitano doveva iniziare forse già con Boris Giuliano. La mia generazione ha dovuto aspettare la morte di qualcuno per capire che era un eroe, vi invito a individuare i vostri eroi prima che sia la Mafia a indicarveli”. 

Comunque sia, PIF si è già prenotato per il GFF 2015: “Giffoni è un posto incredibile! Il prossimo anno vengo qui a presentare il mio film” ha detto ai ragazzi che forse meglio di altri critici hanno sintetizzato e reso lo spirito che ha animato anche l’opera di PIF: “La Mafia c’è anche oggi; una mia amica voleva aprire un negozio, ma ha ricevuto lettere di minacce. La differenza è che adesso si fa una denuncia”.