Sabato, 27 Luglio 2019 17:29

Il juror Antonio Grieco: "Giffoni è come l'Aria: imprescindibile"

Giffoni è tante cose, tutte belle. Tutte intense. Giffoni è nell’aria, nei sorrisi, negli sguardi e nelle parole. Giffoni è un’esperienza, un’opportunità. È quel coraggio che non manca, è l’abbraccio di un amico. Giffoni è poesia, intensità e amore. Giffoni è tante cose, tutte vere e tutte piene. E a Giffoni i pensieri e le parole si muovono decisi, camminano sulle gambe degli uomini di domani. Corrano liberi, oltre qualsiasi pregiudizio: perché a Giffoni tutto è così come sembra. E raccontare Giffoni, il Festival di Giffoni, non è una cosa semplice. Farlo attraverso le parole dei suoi giffoners, è la cosa più necessaria. In assoluto.

Antonio Grieco viene dalla Calabria, ha le mani che tremano per l’emozione e due occhi color cielo puri e fragili. È la sua terza volta al Festival, la prima da giurato. È un fiume in piena, tra ricordi e emozioni:

Che cosa rappresenta per te il Festival di Giffoni?

È un posto diverso da tutti gli altri, è un qualcosa che faccio fatica a raccontare e descrivere. Come un Paese dei Balocchi, quel posto dove ci stai dieci giorni ma è come se ci passassi un anno.

Come descriveresti questa 49esima edizione?

Questo è stato un anno completamente diverso da quelli precedenti, per la prima volta l’ho vissuto nelle vesti di giurato. Prima di cominciare sapevo che sarebbe stata un’esperienza indimenticabile e sorprendente. Questa condivisione che si respira qui è qualcosa di pazzesco: qualche giorno fa ero in sala insieme a dei ragazzi macedoni e argentini e stavamo guardando un film, abbiamo sospirato nello stesso istante. Stavamo parlando restando zitti. Questa è la magia del Festival, la descrizione più bella che riesco a esprimere.

Qual è stato il momento più bello? Quello che porterai sempre con te?

Quando Alessandro Borghi è sceso dalla macchina ed è passato a un metro da me, non sono riuscito a tirare fuori neanche il telefono dalla tasca. Mi piace, prima come persona e poi come attore: la prima volta l’ho notato in Suburra, e i suoi occhi mi hanno parlato immediatamente. Mi parlavano di cose buone, belle e io ho bisogno di persone così pure. Grazie al Festival sono riuscito a consegnargli un biglietto, avevo il bisogno di farlo: è stata l’emozione più bella vederlo piangere, si è commosso ci siamo guardati e ho capito che non mi sbagliavo sulla sua purezza.

Cosa c’era scritto in quel biglietto?

Ciao Sandrone, come stai? Te lo chiedo perché a me interessa veramente. Perché vedi, non sono stati tanto gli occhi di Aureliano, la grinta di numero 8 o la passione velata di Andrea ad avermi colpito. A me ha colpito Alessandro, Alessandro che sorride ai giornalisti, che parla con i ragazzi e che abbraccia tutti. Alessandro che da Padrino a Venezia guarda in camera e dice “E adesso vediamo, tanto le cose più belle della mia vita sono successe quando non le ho pianificate”. Alessandro, che al giudice dice buongiorno sono Cucchi Stefano nato a Roma nel 1978, non solo davanti al giudice ma davanti a tutti, che grazie a te siamo tutti Stefano Cucchi. E poi quel premio, che mi ha fatto stare in ginocchio davanti alla televisione come un bambino che guarda il suo supereroe preferito, quel premio che hai dedicato agli essere umani e all’importanza di essere considerati tali a prescindere da tutto. se è vero che lucky vuol dire Fortunata non ti cullare e continua ad essere combattivo, ma ti prego Alessandro, NON ESSERE CATTIVO.
TE VOJO BENE.

L’aria è stato l’elemento dominante in questa 49esima edizione: che cosa rappresenta per un ragazzo di 18 anni l’aria?

Non voglio usare termini scientifici, non la intendo come quell’ossigeno che respiriamo. L’aria è riuscire a trovare un posto in cui respirare bene, è stare bene. In questi giorni l’aria mi è mancata, stavo così bene che respiravo profondamente. Respiravo ogni cosa, ogni momento. Giffoni è l’aria!

Il prossimo anno, il Giffoni Film Festival compirà 50 anni: come te lo immagini?

Non voglio immaginarlo, voglio viverlo e scoprirlo. Credo sarà un’esplosione, tanti mondi che si incontrano per la cinquantesima volta e si raccontano. Pensa le persone che vivono questa fortuna da cinquant’anni, io un po' li invidio perché sono solamente tre anni che mi lascio avvolgere da tanta meraviglia.

Qualche minuto fa si sono spente le luci dei riflettori, cosa rimane?

Alla fine del Festival c’è un vuoto che ti porti dietro tutto l’anno. Ci pensi spesso a questa magia che si crea qui, e non vedi l’ora di colmarlo. Di riempirlo di un nuovo Festival, di una nuova edizione. Rimane l’attesa, che fa aumentare il desiderio e le emozioni.

Cosa auguri a questo Festival?

Che non finisca mai, questa è la cosa più grande che posso augurargli.