Giovedì, 18 Luglio 2019 22:31

In viaggio verso il futuro: la passeggiata dei 6200 giurati ha fatto da prologo a #Giffoni2019

Una festa di ragazzi da ogni parte del mondo ha invaso Giffoni dalla Multimedia Valley fino a Piazza Lumiere: con “Giffoni for Future”, passeggiata voluta e guidata dal direttore di Giffoni Experience Claudio Gubitosi e dal Presidente Pietro Rinaldi, si è chiusa la giornata di preapertura della 49esima edizione del Festival. Le bandiere e la gioia dei 6200 giurati provenienti da 50 nazioni e da tutta Italia hanno attraversato a piedi la città, trasformando questo momento di Festival in una composta festa itinerante.

Tante le bandiere provenienti da ogni angolo del mondo, dalla Palestina alla Colombia, dalla Grecia alla Russia, e il brusio dei ragazzi metteva insieme lingue diverse, capaci di produrre un suono altro, frutto di una indistinta convivenza. «È difficile da immaginare - spiegava una giovanissima ragazza mediorientale - bisogna viverlo».

Dal palco, il sindaco di Giffoni Valle Piana Antonio Giuliano ha ringraziato i partecipanti e la sua comunità, «una città aperta al mondo, dove libertà e convivenza diventano possibili nel nome della cultura, mettendo insieme ragazzi di Paesi che sono in guerra tra loro». Toni di festa per Piero Rinaldi, presidente di Giffoni Experience: « È bello aprile le porte della città ai Giffoners».

Poi Gubitosi ha presentato ai giurati i facilitators, che condurranno le varie sezioni in vista dell’avvio ufficiale di domani. Lo aveva detto a chiare lettere nel pomeriggio, con i suoi ragazzi delle Masterclass, all’interno della nuova sala Galileo: «L’ignoto non deve farci paura. Per questo dopo cinquant’anni, sono ripartito dal museo di Paestum, dal dipinto del tuffatore. Per entrare nel futuro».

La necessità è quella di raccontare l’anima e le storie di Giffoni. Emozionato, sicuro e riflessivo, Gubitosi è entrato al cuore del suo progetto, affiancato dai 47 Ambassadors scelti per portare in tutto il mondo il messaggio del festival. «Siamo andati in un museo a presentare la 49esima edizione, perché sui quei vasi antichissimi c’erano già le storie, esattamente come fanno oggi i film. E quest’anno, dopo aver consegnato l’ultimo premio della serata finale, il 27 luglio, entreremo nei cinquant’anni, un secondo dopo la chiusura di questa edizione». Il futuro si chiama “Opportunity”, a dieci anni dal 2009 in cui Giffoni divenne “Experience”.

«Ogni passo necessita di coraggio, per superare delle cose e buttare gli occhi da qualche altra parte. A volte siamo incapaci di guardare la forza che abbiamo, piuttosto che contemplare le debolezze ». Poi spazio al pensiero, alle idee e all’origine del progetto, portato avanti per mezzo secolo: «Non sono stanco, non so cosa sia la stanchezza. La bellezza di questo non-mestiere, di questo non-lavoro, significa che c’è uno che mette insieme le cose e fa il mosaico. Abbiamo 500 giovani al lavoro, attività varie, formazione, produzione, animatori, c’è il progetto di una scuola nazionale di cinema. Formeremo sceneggiatori, animatori e documentaristi. Ecco l’obiettivo. Non sognare o immaginare, ma determinare il futuro».

In cantiere c’è l’arena, il museo del tempo e del cinema. «Ciò che comincia qui migliora il mondo- ha spiegato Gubitosi ai suoi ragazzi- se siamo qui, dove sono passati milioni di giurati, c’è un motivo. Quando si va via si è diversi, me lo avete scritto. Immaginate un gruppo di ragazzi che si confronta con le più belle intelligenze del nostro tempo, questo è uno degli aspetti di Giffoni che a volte non si comprende. Le istituzioni devono parlare con voi, e voi avete il diritto di essere ascoltati. Volete discutere di cultura, di scuola? A Giffoni si può. E’ questa l’occasione: al Festival si può dire a qualcuno, con garbo, che si sbaglia e spiegargli perché». I ragazzi in poche parole hanno descritto l’importanza di essere a Giffoni e di essere parte del Festival. Una di loro, in un video divenuto simbolo dello spirito di Giffoni, disse che semplicemente «bisogna essere noi stessi, qui a Giffoni, dove sul badge c’è solo il nome, e non c’è la nazionalità». Le tremava la voce. Ma non era paura del futuro.