La storia del Giffoni Film Festival

Claudio_GubitosiLa linea dell’evento

 

Raccontare la storia di un’idea spesso equivale a tracciare una biografia.

Nel caso del Giffoni Film Festival l’intreccio tra le sue vicende, la sua identità e il percorso umano del suo ideatore, Claudio Gubitosi, è talmente stretto da essere inscindibile.

La vita dell’evento (il GFF) e l’esistenza dell’uomo (Claudio Gubitosi) sono le due rotaie dello stesso binario di una strada lunga ormai quasi quarant’anni.


Una strada costruita metro per metro, momento per momento tra: sacrifici, lavoro, soddisfazioni, battute d’arresto, difficoltà e successi.

Una di quelle “linee” affascinanti che non corrono lungo una retta piana e liscia, ma che piuttosto presenta salite e discese, curve (più o meno pericolose) e tornanti, crocevie e biforcazioni. Una linea che attraversa le vite di molte persone e anche la Storia dello spettacolo, della cultura non solo italiana.

 

1971: la stazione di partenza

Proviamo a immaginare la stazione di partenza di questa linea.

Direttore_1971Figuriamoci nei primissimi anni settanta un paese dell’entroterra salernitano con non più di 10.000 abitanti, non benedetto dall’aria turistica che spira dal mare, né arricchito dai tesori culturali di eredità storica. Un paese dignitoso incastonato tra le braccia ruvide, ma preziose in senso naturalistico, dell’area dei Picentini. Bene questo è (era) Giffoni Valle Piana.

Ora in questo scenario delineiamo la figura di un giovane da poco diventato maggiorenne, che coltiva in sé un crescente amore per l’arte. Per la musica, per l’opera, per il cinema.

La storia degli uomini è piena di situazioni di questo tipo e nella stragrande maggioranza dei casi lo sviluppo della vicenda vede queste persone particolarmente dotate e sensibili, cresciuti in “habitat” non adeguati allo sviluppo di queste doti, partire per posti più accoglienti e stimolanti.

Il giovane in questione è Claudio Gubitosi e la sua storia prenderà una strada diversa e imprevista che traccerà il modello di una alternativa alla classica e, forse più facile, fuga dei cervelli!

Con un gruppo di amici sperimenta la sua vivacità intellettuale girando dei cortometraggi in super 8 ed esprime la sua voglia di musica suonando l’organo in chiesa o qualsiasi pianoforte gli capiti sotto le dita. Ma tutto questo presto non gli basta.

Chi conosce Claudio Gubitosi spesso si riferisce a lui con il termine: vulcanico. Chi lo conosce usa questo aggettivo per cercare di qualificare la sua irrequietezza (in senso di pensiero), la sua inarrestabile voglia di creare, la sua eruttante capacità di sfornare intuizioni.

Il giovane Gubitosi doveva avere già dentro di sé questo magma incandescente che non poteva essere frenato. Così gli balena un’idea che subito diventa un’azione per metterla in pratica: creare nel paese qualcosa di speciale. Un festival di film.


Niente di nuovo si può pensare.

E invece ciò che lo rende originale è la caratteristica di questi film stessi. Pellicole per bambini e ragazzi. Un genere che adesso ha la dignità e la forza di un qualsiasi altro genere cinematografico e che, anzi, conquista sempre più consensi e fette di mercato. Ma questa è storia contemporanea, torniamo al 1971 e consideriamo che nel bel mezzo degli “anni di piombo” la considerazione riservata a opere per bambini era pressocchè pari a zero. Ben altri temi infuocavano le platee a ridosso della liberazione dei costumi degli anni sessanta e della incandescente scena politica e sociale italiana!

Quindi l’idea di Gubitosi che poteva già così apparire bizzarra, è addirittura “rivoluzionaria” se si pensa che non solo a guardare, ma a giudicare e premiare quei film sono lo stesso pubblico d’elezione delle opere: bambini e ragazzini.

Quest’ultimi non mancavano nel paese e Giffoni aveva ben due sale cinematografiche. Era tutto il resto a scarseggiare. A cominciare dall’esiguo numero di pellicole del genere. E di soldi? Nemmeno a parlarne.


L’inizio è duro, si lavora per il puro piacere di coltivare un’idea folle, ma Gubitosi e i suoi sono fiduciosi nella sua forza. Come ogni idea folle e forte appare subito come la chiave giusta per cambiare il Mondo… almeno il proprio Mondo.

 

Anni ’70: Passaggio a Nord-Est

manifesto_1977Le primissime edizioni sono, quindi, contraddistinte da una esiguità di risorse e di film – per lo più procacciati “saccheggiando” i magazzini delle distribuzioni italiane e senza andare troppo per il sottile – che fanno di questo pioneristico Giffoni Film Festival un evento a conduzione e a diffusione familiare. Le location sono inventate e ricavate con spirito creativo e combattivo, ma la piazza e le traballanti scenografie non possono fare del paese esattamente quella che si definisce oggi: una location!

Ma presto le cose cambiano. Spinto dalla forza impetuosa di Gubitosi & co., da una “comunità” che sforna volontari entusiasti e un grande affetto intorno all’iniziativa e, soprattutto, grazie a un’idea che non ammette compromessi e facili scorciatoie (i film devono essere per ragazzi e la giuria è di soli ragazzi) il festival cresce e si apre a nuove strade.

In particolare si comincia a guardare al Nord Europa e all’Unione Sovietica, in uno spazio stupendamente creativo, ma anche lacerato da muri alti e cortine di ferro! Le favole russe, lungometraggi tedeschi e scandinavi: il GFF porta in Italia tutto un Mondo sconosciuto e lo fa conoscere alla sua “giuria in calzoni corti” (come viene più volte definita per la caratteristica mise in voga a quei tempi tra i giovanissimi). Ma non solo questi occhi sono spalancati sul festival. Non passa molto tempo che anche lo sguardo di giornalisti e produttori si accorge di questo piccolo evento dedicato all’età acerba. Tutti ne rimangono subito affascinati, o quantomeno incuriositi.

 

Anni ’80: la strada difficile delle teste pensanti

Direttore_con_giurati_passatoSe il percorso tematico del cinema proposto dal GFF negli anni settanta passa attraverso le valle felici colme di favole e di storie fantastiche (quasi una reazione di fuga all’esasperazione drammatica di anni difficili tra terrorismo e economia del post-boom), gli anni ottanta presentano una strada sicuramente più accidentata. Urgono delle scelte, in gioco c’è la sopravvivenza e l’evoluzione del festival.

Al crescere del numero di produzioni dedicate a bambini e adolescenti non c’è una proporzionale maturazione stilistica e di contenuti. Prodotti leggeri e qualità non eccelsa sembrano dipingere il panorama giovanile e infantile come un consolatorio “paese delle meraviglie”. Gubitosi sa che non è questo il cinema che può rivolgere a delle “teste pensanti”, anche se ancora non adulte. Allora il bivio è chiaro: o seguire la scia che conduce al Paese delle Meraviglie o tracciare un percorso più complesso dove i teenager possono confrontarsi con temi su cui riflettere e attraverso i quali mettersi in discussione.


C’è tutto il Mondo ora in cui muoversi alla ricerca dei film adatti a questo scopo. Così, dimostrando ancora una volta temerarietà e coerenza, il GFF abbandona la via dello zucchero a tutti i costi per scegliere quella delle “teste pensanti”!

Dalla Svezia all’Australia, dalla Spagna alla Nuova Zelanda, passando per Iran, Norvegia, Canada, Francia e Albania arrivano a Giffoni attraverso lo schermo immagini nuove e storie reali che portano alla ribalta i desideri, i timori, i sogni, le angosce, la forza di una generazione coniata sulle ceneri dei grandi movimenti culturali e sociali dei sessanta e dei settanta.

La stampa accende i suoi riflettori su questo vento nuovo che soffia nelle vele di un festival in costante crescita.

 

1982: una pietra miliare chiamata Truffaut

direttore_truffautSono gli uomini a fare la storia.

Questo è un teorema, più che una semplice ipotesi. E questo si applica perfettamente anche alla vicende di un evento come quello di Giffoni.

La sua svolta decisiva e importante, il suo sdoganamento nel mondo della cultura e dello spettacolo di Serie A, porta un nome e un cognome: François Truffaut; il grande autore e regista francese, leader carismatico, con Goddard, di quella Nouvelle Vague che oltralpe avviò sul finire degli anni cinquanta un mutamento dello stile cinematografico che ha riverberi e conseguenze ancora oggi.

Truffaut era già una “leggenda” nel 1982, osannato dalla critica e vincitore di tutti i premi che un cineasta possa desiderare, Oscar e Palma d’oro incluse. Ed è proprio nel 1982 che Gubitosi riesce a incarnare un altro dei suoi sogni (o delle sue “visioni”, mai troppo ambiziose per essere irrangiugibili) : far arrivare al suo festival il grande regista.

La storia della presenza di Truffaut al GFF e del suo rapporto col direttore Gubitosi meritebbe un racconto a parte, una specifica pubblicazione, ma quello che non possiamo qui dimenticare è l’affetto e la meraviglia che il cineasta francese provò nei confronti del festival tanto da scrivere di suo pugno una lettera che è diventato come un atto sacro per il GFF stesso e anche una sorta di “testamento” culturale che ha funzionato da sprone per tutti gli organizzatori che negli anni vi hanno lavorato. Lo scritto si conclude con le parole: “di tutti i festival di cinema quello di Giffoni è il più necessario”.

Cosa intendeva dire Truffaut con queste parole? Sicuramente la necessità di un festival come il GFF sta nella sua attenzione vivissima e mai venuta meno per il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, per la sua capacità di dare voce e ascolto alle giovani generazioni, per la sua vocazione a mettere in corto circuito grandi nomi della cultura e dello spettacolo con i ragazzi e per la sua qualità di potente diffusore di un cinema (quello rivolto ai ragazzi appunto) di cui a quei tempi si incominciava a capire l’importanza e che ora è diventato tra i generi più affermati e avanzati del mercato mondiale.

Truffaut apre la strada ad un parterre di ospiti italiani e internazionale di cui darne conto sarebbe troppo lungo e noioso. Basti pensare solo che a Giffoni le personalità del cinema, della politica, della cultura, della televisione vengono non per presentare le proprie opere in concorso, ma semplicemente per incontrare i ragazzi e affrontare con loro discussioni sui temi più disparati.

direttore_deniroDa Robert De Niro a Sergio Leone, da Michelangelo Antonioni ad Alberto Sordi gli anni ottanta consacrano a livello nazionale ed internazionale il GFF come un appuntamento preziosissimo in termini culturali e comunicativi.

 

Anni ’90: il GFF ricomincia da tre

Gli anni novanta ereditano un festival in grande salute e sempre più rilevante nel panorama globale.

Lo strumento della selezione delle pellicole si fa sempre più raffinato, l’organizzazione ormai ha precisi crismi d’azienda e il tempo del volontariato è del tutto tramontato. Ormai è chiara anche la predisposizione di questo festival - sempre saldamente diretto da Claudio Gubitosi che dà anima, coerenza e creatività alla sua creatura con intatto entusiasmo – votata a presentare un’alchimia ben dosata di opere fantastiche, avventurose e opere impegnate.

Ci si accorge che ormai non si può parlare di un solo cinema per ragazzi. Gli strumenti di decodifica del messaggio e le aspettative di un bambino di 10 anni sono diversi da quelli di un adolescente. Il festival necessita di differenziare la proposta cinematografica, articolando il concorso in diverse sezioni, anche in funzione dei cambiamenti generazionali e delle istanze del Mercato dei film.

giurieIl festival si fa in tre! Tra il 1996 e il 1998 vengono battezzate tre sezioni competitive: FIRST SCREEN (9-12 anni) – FREE TO FLY (12-14) e FINESTRA SUL CORTILE (15-19), che nasce come “Domande da un secolo all’altro” per arrivare poi al titolo definitivo di Y GENERATION. Ogni fascia d’età ora avrà i suoi film, le sue storie, i suoi temi, i suoi linguaggi.

Quello di Giffoni è un cinema sempre più raffinato e fatto da grandi autori, con grandi attori che stanno per irrompere nel sistema delle star mondiali. Due nomi su tutti: Elijah Wood e Leonardo Di Caprio, presenti in due pellicole in concorso del 1996 e di lì a poco pronti a balzare sulla ribalta della popolarità internazionale!

Un’altra scelta fondamentale del GFF in questi cruciali anni ’90 è quella di dilatare l’attività ben oltre il “recinto” della settimana canonica di luglio.

Gubitosi sforna nuove iniziative che permettono all’Ente Festival di lavorare tutto l’anno per mostrare ad un numero sempre crescente di bambini, ragazzi e giovani la bellezza di un cinema fatto su misura per loro. MOVIE DAYS nasce da un'urgenza di sviluppo del GFF e da un bisogno che aspettava una risposta.

Era un bisogno di promozione del "suo" cinema, di propagazione delle idee a fasce di pubblico sempre più vaste. Centinaia di giurati pronti a guardare, innamorarsi e discutere di quelle pellicole non bastavano più. Era necessario organizzare delle giornate supplementari di cinema, animazione, discussione, incontro con gli ospiti che permettessero di rivolgersi al principale bacino d'utenza del GFF: le scuole.

D'altro canto con sempre maggiore insistenza si chiedeva al Festival di Giffoni di mettere in circolo le opere che selezionava e che solo "pochi eletti" (così sono spesso identificati i ragazzi che prendono parte alle giurie del GFF) avevano il privilegio di poter vedere.

Dal 1997 le giornate di Movie Days assolvono a questa felice coincidenza di esigenze e rinnovandosi, edizione dopo edizione, hanno fatto: divertire, crescere, emozionare, parlare, ballare, imparare (i segreti del cinema) un pubblico di teenager sconfinato. Circa 30 mila all’anno!

Dopo le prime, trionfali, edizioni il Movie Days è pronto a diventare un format da esportare in altri posti, in altre città, adattandosi con sorprendente facilità allo spirito del luogo.

L’iniziativa, che va sotto il nome di MOVIE DAYS ON TOUR, è esattamente la proposta delle giornate del cinema contestualizzate in altre realtà geografiche. Realtà spesso assolutamente prive di infrastrutture legate all’opera filmica e addirittura di schermi dove proiettarle; come è accaduto nella prima esperienza di questo evento.

È stato il caso di Sarule, in provincia di Nuoro, nel cuore selvaggio della Barbagia sarda. Un successo straordinario che ha saputo calamitare l’intera area intorno al piccolo paesino coinvolgendo ogni singolo abitante, oltre che tutta la popolazione studentesca della zona.

Un successo che ha dato il la ad un incredibile numero di altre richieste a cui il GFF ha sempre risposto con entusiasmo e impegno, adattando di volta in volta la formula alla identità del territorio in cui si teneva il Movie Days.

Bari in Puglia; Potenza e Lauria in Basilicata; Pomezia e Roma in Lazio; Bianco e Taurianova in Calabria; Nuoro e Sarule in Sardegna; Avola in Sicilia; Marcianise e Benevento in Campania, Carate Brianza in Lombardia: ecco alcune delle tappe di un itinerario di cui fortunatamente ancora non si intravede il capolinea e che anzi sembra volersi prolungare anno dopo anno sempre di più.

La formula è così vincente che diventa la base di un altro progetto speciale: Movie Days Hospital, ovvero l’offerta ludico-cinematografica del GFF per i reparti pediatrici degli ospedali.

Gli anni novanta sono anche anni in cui si consolida la forza di un festival ormai capace di attrarre star nazionali ed internazionali, grandi cineasti e personalità di spicco della cultura e della politica.

 

Il nuovo millennio: internazionalizzazione e il sogno della Valley

Se i primi trent’anni del GFF sono andati, faticosamente all’inizio e sempre con maggiore velocità al passare degli anni, verso l’idea di portare il Mondo a Giffoni, la seconda fase, in pieno sviluppo e cominciata proprio allo scoccare del nuovo millennio, ha un procedimento inverso: portare Giffoni nel Mondo.

A viaggiare, a segnare le tappe di Giffoni nel Mondo è la sua idea vincente. Un’idea forte a supporto di un format duttile e capace di adeguarsi alle diverse realtà geografiche in cui viene realizzato. La formula GFF si modifica. Si articola. Esprime l’euforia e l’energia del festival-padre, nel pieno rispetto delle specificità territoriali e delle richieste di chi sceglie la nostra Idea per aprirsi ai giovani e al cinema.


A Berlino la prima prova sul campo. Nel 2000.

Poi Miami. Nasce il Next Gen Film Festival. Un successo che in due anni coinvolge decine di migliaia di studenti.

In parallelo, in Europa, Polonia e Albania si aprono al concept GFF. È amore a prima vista. Il 2005 è un anno decisivo per la propulsione dell'attività internazionale. Si apre con un appuntamento in Australia, nella capitale culturale Adelaide e si continuerà l’avventura nella Terra degli Antipodi con la fondazione di un’associazione Giffoni-Australia che ha la sua sede a Sydney dove nel 2007 e nel 2008 si tengono due nuovi appuntamenti del GFF nel continente-isola.

Si chiude a Los Angeles, con la prima esplosiva edizione di GIFFONI HOLLYWOOD i cui testimonial d’eccezione sono Will Smith e Jon Voight. Si bissa e si triplica l’anno successivo e nel 2007 con finali “stellari” al Kodak Theatre (cornice degli Oscar) e la consapevolezza di essere stati dei pionieri nell’esportazione di un festival di cinema proprio nella sua “capitale mondiale”.

Per fronteggiare l’imponenza di questo progetto di internazionalizzazione del marchio, il GFF ha creato una struttura dal nome evocativo: Giffoni World Alliance. È una rete. Un sistema in cui ogni nodo fa capo al centro di diramazione che è appunto il GFF.

 

Un altro anno epocale per la storia del GFF è il 1997.

gmvÈ l’anno in cui viene posata la prima pietra della Cittadella del Cinema. La prima pietra di un sogno, di un grande sogno anche questo firmato Claudio Gubitosi e che nasce nei primi anni ottanta. Un sogno chiamato: Giffoni Multimedia Valley!

GMV è l’idea di un uomo, si diceva. L’idea del direttore Gubitosi: una di quelle entusiasmanti avventure del pensiero che talvolta ci troviamo a vivere e che, una volta insediatesi nella nostra mente, non ci abbandonano più.

GMV è una rivoluzione, non solo per il Giffoni Film Festival, ma per tutto il territorio.

Il progetto è quello di una grande area della creatività e della cultura, capace di convogliare in un unico spazio: strutture moderne ed efficienti dedicate al “cultural enternainment” e alla produzione audiovisiva, luoghi dell’accoglienza per i giovani, laboratori dedicati allo studio delle nuove forme d’espressione artistica.

Uno spazio eterogeneo che suggerisce, grazie anche ad originali soluzioni architettoniche, la concezione di un’area profondamente organizzata, ma sensibile ai cambiamenti e alle tendenze che la velocità contemporanea impone.

GMV è un posto perfetto in cui trascorrere il tempo tra gioco e apprendimento, dove non solo i ragazzi, ma anche le loro famiglie avranno modo di vivere esperienze in cui si intersecano svago e piacere culturale.

L’obiettivo è di fare di questa idea un centro di gravitazione delle energie giovanili, un nucleo di condensazione occupazionale in cui i ragazzi possano trovare finalmente una possibilità per esprimere la propria voce creativa e mettere in gioco il personale know-how acquisito, talvolta a costo di sacrifici familiari importanti, nel corso dei loro studi.

GMV è un progetto concreto con un piano di attività declinate su vari moduli strutturali e funzionali, in considerazione del fatto che non ci troviamo di fronte ad un bel contenitore da riempire in un secondo momento, bensì ad un disegno complesso in cui forma e sostanza sono indivisibili. Contenuti forti che scrivono o interpretano i codici culturali del passato, del presente e del futuro.

Dal 2000 esiste già una prima parte di questo progetto. La Cittadella del Cinema, appunto. E nel 2007 un pezzo nuovo si è aggiunto a questa, ovvero la copertura in vetro della sua piazza interna. Ora la storia non si può fermare e gli anni che verranno saranno il campo su cui attualizzare il sogno, l’idea.


Intanto che bilancio tentare dell’attività del GFF in questi anni?

Cosa rappresenta il GFF alla vigilia del quarantennale della sua storia? Quali sono i suoi meriti e come approccia le sfide del prossimo futuro?

Innanzitutto i film per ragazzi sono stati strappati dalla buia placenta di un cinema di second’ordine o di nicchia per essere posizionati sotto la meritata luce dei riflettori.

E insieme alla crescita di questo cinema il GFF ha contribuito, anno dopo anno, edizione dopo edizione, a far decantare l’idea di un bambino o di un ragazzo consapevoli, capaci di filtrare attraverso le proprie griglie interpretative (più o meno raffinate a seconda dell’età e dei contesti socio-culturali d’appartenenza) il film a loro indirizzato, arrivando a valutarne, senza i condizionamenti degli adulti, la qualità del contenuto e della forma.

In quattro decenni (e questo lo continuerà a fare con sempre maggiore convinzione) il GFF ha continuamente calibrato i suoi strumenti di approccio all’età infantile e giovanile non semplicemente rimodernando i propri programmi con lifting superficiali o limitandosi a seguire le tendenze di volta in volta proposte dal momento storico; bensì ha sempre guardato avanti, letto tra le righe, sviluppato proprie strategie di monitoraggio del pianeta ragazzi.

Tutto questo guidati sempre dal concetto che il giovane non è la rappresentazione del futuro o meglio è anche l’avvenire, ma è soprattutto un “presente” a cui non si può negare l’ascolto e che non ammette procrastinazioni d’intervento.