YOUNG TIGER

Category: Edizione 2015

Synopsis
Bébé Tigre è Many, un ragazzo indiano di diciassette anni originario del Punjab, che è stato preso in custodia dallo Stato francese al suo arrivo a Parigi: da allora sono trascorsi due anni, e Many ha imboccato la strada di una esemplare integrazione, dividendo il suo tempo tra la scuola, gli amici e la fidanzata Elisabeth, senza perdere il contatto con la comunità Sikh. La sua vita potrebbe essere simile a quella di un adolescente come tanti altri, se non fosse per il fatto che le responsabilità a cui lo inchiodano i suoi genitori, rimasti in India, i quali lo pressano affinché spedisca soldi a casa, lo costringeranno a mettere in pericolo la sua vita.

Titolo Originale BÉBÉ TIGRE
Categoria In concorso
Sezione Generator +16
Tipologia Lungometraggio
Anno di Produzione 2014
Durata 87'
Nazionalità Francia
Regia di Cyprien Vial
Sceneggiatura Cyprien Vial
Fotografia Pierre Cottereau
Montaggio Albertine Lastera
Scenografia Sophie Reynaud
Costumi Camille Assaf
Suono Mathieu Descamps, Jocelyn Robert, Gurwal Coïc-Gallas
Musiche Léonie Pernet
Interpreti principali Harmandeep Palminder (Many)
Vikram Sharma (Kamal)
Élisabeth Lando (Elisabeth)
Bilal Baggad (Sami)
Billèl Brima (Daniel)
Amandeep Singh (Sony)
Prodotto da Isabelle Madelaine, Émilie Tisné

youngTiger reg OK

Cyprien Vial
Nato nel 1979 a Tulle, in Francia. Si è diplomato in regia presso la scuola di cinema statale francese La Fémis (Fondazione europea per i mestieri dell’immagine e del suono), a Parigi. Ha diretto quatto cortometraggi: IN THE ROW (DANS LE RANG, 2006), che ha vinto il premio SACD per il miglior cortometraggio alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes nel 2006; L’APPLICATION DES PEINES (2007); MRS (MADAME, 2008); ET MOI? (2008). YOUNG TIGER è il suo primo lungometraggio.

Dichiarazioni del regista
“Dal 2007 al 2010, ho tenuto dei laboratori di cinema insieme a un insegnante di Francese in una scuola media di Pantin, in una cosiddetta ‘zona di educazione prioritaria’. Ogni anno abbiamo realizzato un film con gli alunni della quarta classe. Un anno, i ragazzi volevano lavorare sui temi della diversità sociale, della condivisione e del dialogo. Hanno immaginato delle scenette raffiguranti i conflitti crescenti e io le ho girate. Allo stesso tempo, hanno voluto mostrare da dove venivano. Un giorno, sono venuti a scuola vestiti con gli abiti tradizionali dei loro Paesi d’origine. Li ho fotografati, e li ho registrati mentre spiegavano quel che amavano delle loro culture. Il nostro piccolo film era perciò una miscela di scene di agitazione e di ritratti in cui i ragazzi si presentavano. Alla fine, un ragazzo misterioso e carismatico che veniva dal Bangladesh, di nome Jacky, più grande degli altri, è stato capace di convincere tutti a far finire il film con un numero di ballo in stile Bollywood! Fare questo piccolo film è stato così divertente che mi ha fatto desiderare di girare un film con degli adolescenti.

“Tra gli studenti, c’era una ragazza, Élisabeth, che avrei voluto filmare ancora. Aveva anche espresso il desiderio di recitare. Ci sono voluti diversi anni, ma alla fine quella ragazza è diventata Élisabeth nel film YOUNG TIGER. Jacky, il ragazzo del Bangladesh, ha scatenato qualcosa di diverso. Ero molto incuriosito dal mistero che lo circondava. Viveva da solo, senza parenti, in una famiglia affidataria. Ho cominciato a fare delle domande su di lui. I suoi insegnanti sembravano un po’ imbarazzati. Dopo i laboratori di cinema, mi sono tenuto in contatto con lui e ho iniziato a indagare. Alla fine, ho scoperto la sua condizione: minore straniero non accompagnato. Non avevo mai sentito parlare di questo status prima di allora. Secondo la legge francese, un minorenne di età inferiore ai diciotto anni che giunga da solo sul nostro territorio deve essere preso per mano e assistito dalle pubbliche autorità. Lui o lei potrebbe essere, a causa della sua giovane età, in pericolo. Così lo Stato deve aiutare lui o lei, se sono immigrati clandestini. Mi colpì l’umanesimo di questa legge, soprattutto in un’epoca in cui il dibattito sull’identità nazionale stava crescendo.

“Jacky era un bravo studente e aveva un forte desiderio di integrazione. Poi ho capito che tutti i minorenni non accompagnati condividevano questo profondo desiderio di integrarsi nella società. Gli assistenti sociali dell’ufficio della Previdenza Sociale per l’Infanzia sottolineavano lo spirito combattivo di questi minori.

“Incontrare qualcuno con una tale sorprendente alterità, così lontano da tutto quello che sapevo per esperienza personale sull’adolescenza, e la forza di queste storie di vita, hanno lasciato in me una traccia profonda. Questo è stato il punto in cui ha iniziato a intervenire la finzione, perché ho avuto l’impressione di avere di fronte dei veri eroi.

“La condizione di minore non accompagnato non è di per sé un tema per un’opera di finzione. Così ho continuato a incontrare giudici, famiglie affidatarie e funzionari di associazioni. Ho trascorso del tempo con la comunità cinese, senza riuscire a ottenere la sua fiducia. Presto ho iniziato a soffermarmi sui ragazzi del Punjab, nell’India del Nord, la terra dei Sikh, un popolo di combattenti che rivendicano la loro indipendenza dallo Stato Federale Indiano. Fin dalla più tenera età, i ragazzi vengono cresciuti per diventare piccoli guerrieri, uomini fieri e indipendenti che non devono in alcun modo deludere la loro famiglia.

“Poi ho incontrato Many. Ho conservato il suo nome nel film, anche se non è la sua storia quella che racconto. Ma la storia della sua vita mi ha aiutato a conoscere i Punjabi che arrivano in Francia. Sono tutti minori ‘inviati’ dai loro genitori, che sono in debito con i contrabbandieri della mafia per ottenere passaporti falsi, oppure usano veri passaporti ma pagano i doganieri in Punjab per far arrivare i figli sull’aereo. È questa la particolare situazione degli immigrati clandestini che mi interessava, perché non volevo trattare il trauma del viaggio degli immigrati clandestini da terra, che è un argomento a parte ed è già stato più volte affrontato dal cinema. Questi minori sono assistiti dallo Stato, vanno a scuola, imparano il francese e sono presi in custodia da un giudice, un assistente sociale e una famiglia affidataria. Tuttavia, alcuni di loro rimangono in preda dei contrabbandieri, che spesso sono da loro considerati come dei fratelli maggiori. E la pressione dei genitori resta onnipresente.

“Questo argomento porta ad alcuni temi che mi sono molto cari: il passaggio all’età adulta, le prime decisioni da uomini, il rapporto con l’autorità, e con le autorità. Per questi minori e per le strade prese dalle loro vite, tutti questi temi sono stati condensati e intensificati. In realtà, si tratta di moderni avventurieri, soli eppure circondati.

“Nel corso della mia ricerca, ho capito che gli uomini che gestiscono l’accoglienza dei minorenni hanno un ruolo non ben definito: sono fuorilegge, eppure sono considerati dagli adolescenti, e in alcuni casi persino dagli assistenti sociali, come dei referenti! Rappresentano per questa gioventù degli elementi di equilibrio emotivo. Le famiglie affidatarie sono pagate dallo Stato per ospitare e nutrire il minore non accompagnato; a volte, queste famiglie tengono questo denaro per sé alle spalle dei minori, e quindi fanno soldi a spese dei minori. Per non parlare dei veri genitori che non trovano nulla di sbagliato nel chiedere ai loro figli di provvedere a loro: è qualcosa di radicato nella loro cultura. Amo il cinema che rivela delle posizioni ambivalenti. Mi piace fare film che esplorano le zone d’ombra e le ambivalenze che si possono trovare nelle persone.

“Ho iniziato così a scrivere la sceneggiatura, intrecciando le numerose considerazioni che avevo riunito per addivenire a una sola storia di vita individuale. Many è una sintesi emotiva di tutte le informazioni che ho raccolto. Volevo soprattutto che la sua traiettoria personale fosse una linea retta che partisse da un crudele viaggio iniziatico e portasse al suo passaggio all'età adulta.

“Volevo vedere il mio protagonista crescere e affrontare scelte difficili. Arrivare al cuore delle cose insieme a lui, attraverso situazioni di cui altri mi avevano parlato: il lavoro nero, il rapporto con la legge. Ho deciso di portarlo al punto in cui – sotto la pressione dell’autorità legale, sia quella giudiziaria che quella di vigilanza – deve prendere una decisione che non ha la minima voglia di prendere: quella di tradire Kamal. Il sistema, crudelmente e ironicamente, lo spinge a denunciare la persona verso la quale egli è debitore dell’aiuto che gli è stato dato e della possibilità che gli è stata concessa di integrarsi nella società.

“Volevo che il film facesse emergere l’autorità dello Stato, l’autorità della Repubblica, in tutte le sue ambivalenze. Many ha una sola soluzione per salvarsi, scegliere la Repubblica, anche se, in questo caso, si tratta di una decisione disonorevole. Ciò che mi interessa è porre delle domande. Lontano da un lieto fine, questo epilogo che salva la vita al mio eroe, seppure inglorioso, mette in evidenza l’incapacità dello Stato di integrare senza assimilare.

“Volevo confrontarmi a modo mio con il cinema di genere, fare incontrare la saga adolescenziale, l’energia di una classe scolastica e i codici di un thriller o di un noir. Volevo che il mio eroe fosse obbligato a fare una scelta, e la scelta morale è un canone del noir. Nella scelta di affrontare un thriller, io stesso volevo assumere gli inflessibili codici di questo genere.

“Il mio film è documentato, ma è realizzato nel mio linguaggio, che è quello della finzione. È importante per me rispettare la realtà senza esserne schiavo. Volevo lavorare sulla tensione di un thriller e avere la purezza di una semplice storia d’amore. Élisabeth incarna la ragione, come accade spesso alla compagna dell'eroe in un thriller.

“Quando ho incontrato tutti questi ragazzi, questi minori stranieri non accompagnati, nel corso della la mia ricerca, l’immagine della tigre mi è venuta subito incontro: un animale istintivo che protegge ciò che è suo. Il cucciolo di tigre ha i denti, gli artigli, ma ancora non sa come usarli. Questa è la storia che il film racconta: Many è una giovane tigre che deve tirare fuori i suoi artigli per la prima volta”.

produzione
Dharamsala
13, rue Étienne Marcel 75001 Paris - France
phone +33 155048400
fax +33 140130555
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Darius Films
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